La religiosità del bambino

Conferenza pubblica tenuta da Pietro Archiati

Bologna, 26 agosto 1994

Cari amici, questa sera vorrei rivolgere i pensieri ad una realtà che abbiamo sempre accanto a noi, ad un mistero che si rinnova ogni giorno davanti ai nostri occhi: l’incarnazione di individualità che ritornano sulla terra, si costruiscono un corpo fisico attraverso un processo molto complesso, per poi inabitarlo e svolgere la loro missione sulla terra, per una vita intera.

Il titolo della conferenza vuole richiamare il carattere religioso, spirituale di ciò che il cosiddetto bambino compie: e vedremo come la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner ci dia la possibilità di considerare questo evento con occhi nuovi. In un certo senso, auguriamo a tutta l’umanità di avvalersi, nel corso dei prossimi secoli e millenni, dell’ impulso della Scienza dello Spirito per poter ritrovare la capacità di guardare al bambino con lo stupore di chi sa cogliere l’aspetto religioso, divino di ciò che avviene.

Presupponiamo quindi, questa sera, che vogliamo tutti mettere alla base i pensieri che Rudolf Steiner ha comunicato all’umanità, e vogliamo vedere in che modo questi pensieri arricchiscano la vita, ci spieghino i fenomeni in profondità, così da viverli in modo più umano, più vero e universale.

Potremmo partire dalla domanda: perché educare? Come mai gli animali non hanno bisogno di educazione, come mai l’essere animale nasce già pronto, dotato di tutti i suoi istinti, e invece l’essere umano richiede un lungo periodo di adattamento, quello che noi, appunto, chiamiamo educazione? Un processo che poi, se lo comprendiamo in senso retto, si protrae per tutto l’arco della vita.

La risposta a questa domanda sta nel fatto che l’umanità, da sempre, ha saputo che il rapporto tra lo spirito umano e la materia non è automaticamente armonico, ma è una questione di libertà. Per ogni essere umano che si incarna possiamo chiederci: come sarà questo rapporto? Si plasmerà in modo armonico, oppure lo spirito umano, entrando dentro la materia, riceverà un contraccolpo così forte che la materia prevarrà facendo sentire la pesantezza delle leggi deterministiche di tutto ciò che è fisico?

Da sempre l’umanità ha saputo che il congiungimento con la materia oscura lo spirito: Platone ci dice che imparare significa ricordarsi delle cose che sapevamo prima di nascere. In altre parole, prima dell’incarnazione c’ è una lucentezza, una vivacità della coscienza, propria dello spirito; in base al congiungimento con la materia sopravviene la dimenticanza. L’educazione consiste nell’aiutare l’essere umano a servirsi della materia, a muoversi in essa in modo tale da ripristinare la chiarezza di coscienza dei mondi spirituali prenatali.

L’umanità ha sempre saputo (eccetto in questi ultimi secoli di materialismo) che, congiunto al mistero dell’unirsi alla materia, c’è il mistero della caduta dell’umanità, del peccato originale. L’entrare in un corpo fisico è il presupposto della frammentazione degli esseri umani: soltanto così siamo in grado di separarci gli uni dagli altri. Quindi la materia, se da un lato è un principio di oscuramento dello spirito, dall’altro è il principio di individuazione, di separazione. E’ l’atomizzazione del corpo iniziale di Dioniso, necessaria per renderci individuali, distinti gli uni dagli altri, e per darci la possibilità di recuperare la chiarezza dello spirito, secondo libertà.

L’individualità che si incarna struttura la materia a sua immagine, quale tempio dell’Io divino, in modo consono all’entelechia (per dirla con Aristotele), per fare un altro grande passo evolutivo in avanti. Colui che chiamiamo bambino, muove il primo gesto del concepimento, poi per nove mesi lavora dentro al grembo dell’essere materno e infine fuoriesce per esporsi direttamente al mondo fisico.

Il bambino nasce: ma qual è il fenomeno centrale di questo grandioso evento?

Io credo che la Scienza dello Spirito ci dia il coraggio di ritornare, in modo cristallino, a uno dei concetti più religiosi che ci siano: la creazione dal nulla. Ciò che il cosiddetto bambino compie incarnandosi, è uno degli esempi più puri e reali di creazione dal nulla, che cercherò di evidenziare nei suoi contenuti essenziali. L’individualità eterna, l’Io superiore del bambino che nasce, è un essere spirituale libero, pieno di chiare intuizioni morali. Attraverso l’immaginativa (fantasia) morale, questa individualità ha l’intuizione fondamentale della vita che verrà; poi, dentro all’uovo fecondato, compie un fenomeno unico che è quello di caotizzare la materia nel modo più assoluto. Contrariamente a ciò che dice la scienza, la caratteristica fondamentale dell’uovo fecondato è di non essere complessamente strutturato: non è vero che in questa materia sia già embrionalmente contenuto tutto ciò che poi si svolgerà. L’opposto è vero: la cosiddetta fecondazione pone le premesse per dare all’Io che si incarna la possibilità di togliere a questo sostrato materiale ogni legge formante che parta dalla materia.

E’ questa la “materia prima” di Aristotele e Tommaso. Togliendo al sostrato materiale ogni capacità propria, immanente, di strutturarsi secondo la sua legge, lo spirito che si incarna è in grado di forgiare questa materia, al cento per cento, secondo la propria struttura spirituale. Questo è il concetto puro di creazione dal nulla. La materia non sparisce del tutto: viene nullificata nella sua qualità causante. E’ il caos dei greci. In altre parole, viene ridotta al nulla di causazione, che non è un nulla metafisico.

Il creatore stesso ha bisogno di un sostrato: la Bibbia, nella Genesi, non dice che Jahve crea senza nulla, in modo assoluto: c’è un sostrato (indicato con “aphar”, termine tecnico dell’esoterismo ebraico, che Steiner traduce come “polvere cosmica”), ma questo sostrato è un nulla di causazione, in modo che la decisione, la forza causante, provenga tutta e unicamente dal creatore. La prima, sublime affermazione che noi siamo in grado di fare sul cosiddetto bambino che si incarna, è che abbiamo realmente di fronte un demiurgo: egli raccoglie il sostrato di materia che gli viene incontro quale pura potenzialità, pura matrice ricettiva, e le imprime il principio strutturante, attualizzandola. Quindi noi siamo in grado di considerare il bambino che nasce, il concepimento, tutto il complesso evento embriologico, come una demiurgica creazione dal nulla.

E se noi ci riflettiamo, non c’è nulla di più divino, di più religioso nel nostro cosmo, di questa magia bianca dello spirito che, senza alcuna resistenza, imprime in modo assoluto alla materia la propria legge: la legge fondamentale della libertà. La legge essenziale della materia è invece il determinismo, la pesantezza, l’automatismo, il meccanicismo: il ripetersi monotono. E questi due correlati devono essere così, perché l’uno corrisponde all’altro; lo spirito non potrebbe dimostrare la propria legge immanente della libertà se non vincendo e sempre di nuovo riportando al nulla, distruggendola, la legge di necessità. Così si reimmette nel cosmo la creatività dello spirito, che è il gesto più religioso, più divino che noi possiamo concepire. Il bambino che deve nascere è un demiurgo vero e proprio che vuole incarnarsi, e si costruisce un tempio per servirsene come di una casa sua, per essere a casa sua, strumento di tutta un’ esistenza terrena, strumento dell’incarnazione. Sapete che, da sempre, il corpo umano è stato chiamato tempio della divinità. Quindi abbiamo a che fare con una purissima liturgia, con un culto di prim’ordine. I genitori, che mettono a disposizione il sostrato cosmico, e tutti gli adulti, il complesso ambiente karmico in cui questo demiurgo si incarna, sono la corporeità allargata dell’incarnazione, sono le condizioni necessarie.

In questi giorni abbiamo cercato di distinguere tra la causa e le condizioni necessarie. Quindi, nel mistero divino dell’incarnazione, l’Io è causa in tutto e per tutto; però importantissime sono le condizioni necessarie, questo suolo terreno in cui va a nascere. Come il giardiniere e il giardino sono condizioni necessarie perché la rosa possa manifestarsi, ma non possono cambiare nulla riguardo alla legge immanente di crescita della rosa, così per l’essere umano che si incarna, la legge immanente dell’incarnazione è tutta dell’Io superiore, ma le condizioni necessarie siamo noi. Le condizioni necessarie vengono incontro, a questo essere che si incarna, dal suolo del giardino terrestre. Perché una pianta cresca bisogna che ci sia il seme, con la sua legge immanente di crescita, non determinata né dal suolo, né dal giardiniere: ma senza suolo e senza giardiniere il seme non può manifestare le energie vitali comprese dentro di lui, a livello soprasensibile.

Possiamo riassumere questi primi pensieri dicendo che il bambino è un essere tutto religioso, perché

viene da un mondo spirituale e vive totalmente in modo spirituale. Il fenomeno specifico del bambino è che noi, contemplandolo, non abbiamo ancora a che fare con l’io inferiore. Il mistero dell’incarnazione è il mistero della graduale scissione dell’essere umano tra un Io superiore, che c’era da sempre, e una coscienza ordinaria, che noi chiamiamo io inferiore. Questa coscienza ordinaria nel bambino non c’è ancora. In altre parole, nel bambino noi contempliamo un essere spirituale in forma pura, che compie direttamente le sue azioni sulla terra. Soltanto gradualmente, in seguito, questo essere si sdoppierà, ne nascerà l’immagine speculare che noi chiamiamo coscienza ordinaria e secondo questa coscienza potrà poi fare tante cose che non saranno più così divine, così religiose, così giuste e amanti. Ma finché abbiamo davanti a noi, nel bambino, le opere dirette dell’Io superiore, abbiamo a che fare con tutte opere divine, buone e belle.

Questa è la religiosità del bambino. Egli è un essere del tutto religioso perché viene al mondo con una missione, con una onniabbracciante intuizione morale che racchiude e sintetizza la visione di tutta la sua vita: sa con quale ideale viene sulla terra. Come il Cristo, che si è incarnato avendo dentro di sé l’intuizione morale più onniabbracciante del nostro cosmo, quella della redenzione dell’umanità; e questa intuizione morale abbraccia tutte le intuizioni morali particolari.

Noi possiamo comprendere il modo peculiare del bambino di strutturare e architettare la materia, il suo modo di porsi di fronte al mondo, di ergersi, di compiere i primi passi (usa maggiormente i talloni o le punte?), tutti questi misteri particolari, soltanto risalendo al registro fondamentale della sua missione, al senso unitario di questa esistenza, che, in chiave di immaginativa (fantasia) morale, esiste nello spirito del suo Io superiore. Quindi questo essere divino che si incarna, alberga nell’interiorità talenti e capacità, quali condizioni interne per la sua vita terrena; all’esterno sceglie una corrente ereditaria, un ambiente, si mette in rapporto col mistero della situazione karmica, raccoglie dal materiale della terra tutte le condizioni esterne necessarie per conseguire quella missione che si è prefisso di raggiungere.

Il carattere religioso del bambino piccolo, in grado di conquiderci interiormente, è quello di manifestare, in forma pura, un fenomeno di intuizione morale e di tecnica (ingegno) morale. Da un lato abbiamo a che fare con un essere tutto spirituale, intriso di intenzioni amanti e di talenti da mettere a disposizione di tutta l’umanità; dall’altro lato, abbiamo a che fare con un essere spirituale che, in chiave di ingegno morale, si architetta la situazione karmica, la corrente ereditaria, l’ambiente, in modo che questi due mondi si corrispondano perfettamente, come la noce e l’involucro della noce.

Appartiene alle esperienze religiose della Scienza dello Spirito, ritornare coi nostri pensieri, pieni di stupore, alla triade religiosa, ai tre passi che il bambino compie nei primi tre anni, descritti da Steiner molte volte, e non soltanto nelle conferenze di pedagogia.

La prima demiurgica liturgia è l’ergersi, l’acquisire la posizione eretta e diventare capace di camminare, facoltà specifica dell’essere umano; la seconda liturgia è l’imparare a parlare, per diventare capace di Logos, di espressione, di comunicazione di significati infiniti e quindi di gaudio comune; e verso il terzo anno, come terzo passo di questa liturgia divina, l’acquisizione del pensare. E ciascuno di noi, da piccolo, ha compiuto questi tre passi religiosissimi e divini.

Infiniti aspetti Steiner ha sottolineato commentando questi tre gesti meravigliosi dell’Io Sono: essi racchiudono la somma totale delle forze dell’Io Sono. Colui che dalla corporeità solare è entrato nella nostra terra per farne il suo Corpo, in quell’ incarnazione che è l’immagine primigenia di ogni incarnazione, si è caratterizzato, in quanto essere divino che compie triplicemente la liturgia della trasformazione terrestre, dicendo: – L’Io Sono, le forze dell’Io Sono, si assommano nella via, nella verità e nella vita-. Dove ci sono le forze dell’Io Sono, dove c’è un individualità con carattere di Io,

sorgono questi tre gesti divini: – “Io sono la via”: Io sono in ogni essere umano l’esperienza dell’Io Sono, dell’Io vero. Questo significa diventare capaci di percorrere una via karmica: è la decisione interiore di ergersi per camminare sulla via del karma, per compiere tutti i passi previsti. Dove c’è l’Io Sono c’è una via da percorrere. E la vita è una via, un cammino da percorrere. Ecco perché l’essere umano si erge e diventa capace di camminare: è come una lavanda dei piedi, è come un chinarsi di fronte all’essere umano da parte dell’Io Sono, che libera i nostri piedi per renderli capaci di andare con coraggio là dove il karma chiama, passo per passo. Quale mistero bellissimo, nella religiosità del bambino! E’ impossibile pensare che ci siano due esseri umani che compiono gli stessi passi: il mistero del nostro camminare è il mistero di un karma del tutto individuale.

– “Io sono la verità” è l’altro polo, il terzo passo, quello del pensare.

Abbiamo subito una bellissima polarità: come l’essere umano sperimenta se stesso quale individualità unica camminando per la via del karma, così sperimenta l’universalità, la comunanza umana, attraverso il pensare, nella ricerca di una verità che è la stessa per tutti. Io sono la via. Io sono la verità. Dove c’è la forza dell’Io Sono sorge la capacità di meditare, di pensare.

-“Io sono la vita”: fra il mistero dell’individualità del cammino karmico e il mistero della comunanza universale della verità che noi alberghiamo nel nostro pensiero, c’è un mistero di trapasso: -Io sono la vita -.E Steiner dice che il mistero del linguaggio si pone proprio qui, nel centro, in ciò che è vitale, ritmico, nell’essere umano. Noi viviamo, noi sperimentiamo il livello dell’ anima nel linguaggio: perché il linguaggio è appunto il mistero di ciò che non è né individuale, né universale. E’ un mistero di anima di gruppo, un mistero di vita: – Io sono la vita -.

– Io sono la via – e il bambino acquista la posizione eretta, diventa capace di camminare sulla via del

karma.

-Io sono la vita – e il bambino diventa capace di esprimere la vita interiore dell’anima attraverso il linguaggio, la parola.

– Io sono la verità – e il bambino acquisisce la facoltà di pensiero, la facoltà di cogliere questa universalità che tutti ci accomuna: la verità.

Rudolf Steiner ci presenta sempre nuovi aspetti di questo mistero, e sempre in riferimento all’essere del Cristo: se nei tre grandiosi passi che il bambino compie siamo di fronte all’operare dell’Io superiore, non dobbiamo dimenticare che l’Io superiore di ciascuno di noi è un frammento sostanziale del Cristo. E questo pensiero è bellissimo. Il Cristo come totalità dei nostri Io superiori, e il frammento del Cristo che è l’Io superiore del bambino che si incarna, lavorano ai tre grandi passi religiosi dell’imparare a camminare, a parlare e a pensare.

Se travalichiamo i primi tre anni di vita, possiamo seguire le importantissime scansioni che Rudolf

Steiner fa delle soglie del divenire, allargando la prospettiva ai primi tre settenni:

– la soglia fondamentale della dentizione permanente, intorno ai sette anni, dove avviene un notevole rivolgimento fisiologico dentro alla compagine del corpo umano.

– la seconda grande soglia, verso i quattordici anni, è la pubertà: abbiamo l’elemento maschile della voce che scende di un’ottava intera, relativo quindi alla parola, alla laringe (che sarà l’organo futuro della riproduzione), e, al contempo, il sorgere della capacità di riproduzione; – poi, meno visibile a livello corporeo, alla fine del terzo settennio, verso il ventunesimo anno, il sorgere delle forze dell’io.

Il primo settennio è primariamente in chiave di evoluzione del corpo fisico, il secondo settennio di evoluzione del corpo eterico, e il terzo di evoluzione del corpo astrale: i tre presupposti perché sorgano le forze dell’Io dentro all’essere umano.

Coloro di voi che si occupano di pedagogia, sanno che nei primi sette anni il bambino è affidato maggiormente ai genitori, vive il mistero dell’affinità del sangue; nei secondi sette anni, quelli della scuola dell’obbligo, il bambino vive il mistero dell’affinità animica con gli educatori, il maestro e la maestra; infine subentra il mistero dell’affinità spirituale.

Anche qui una triade religiosissima, meravigliosa: avremmo bisogno di mesi e anni se volessimo considerarla da tutti gli aspetti che Steiner ha indicato come infiniti. Una delle cose che veramente appassiona, studiando la Scienza dello Spirito, è la sua inesauribilità che strutturalmente impedisce ogni dogmatismo, ogni settarismo, perché comprendiamo che i fenomeni umani divini e cosmici possono essere considerati da sempre nuovi e altri punti di vista.

Ci limitiamo, stasera, a qualche aspetto. Rudolf Steiner afferma che il bimbo, dal primo al settimo anno, è un essere del tutto religioso, perché l’essenza del fenomeno religioso è la dedizione al divino, è l’abbandono al mondo divino. In che modo il bambino, nei primi sette anni, si abbandona al divino attorno a lui?

Steiner descrive il fenomeno senza alcuna astrazione, rilevando eventi importantissimi e concreti anche per noi, che viviamo con questi bambini che per nostra fortuna, ritornano sempre a rallegrare la faccia della terra col loro sorriso. Nei primi sette anni il bambino è un essere di pura imitazione corporea; nei secondi sette diventa un essere di imitazione animica.

1) Nei primi sette anni è tutto organo di senso: si abbandona, cioè, all’interiorità dei genitori e delle

persone che lo circondano, e questa interiorità decide di come vada portato a compimento il processo di costruzione e strutturazione del suo corpo fisico. E’ il mistero karmico più abissale che si possa immaginare: è un puro abbandono al karma, e il karma è pura religiosità. Perché nel karma opera l’Io superiore di ogni essere umano. Il bambino piccolo si dedica, si apre totalmente alle forze strutturanti del karma: è la compagine interiore dei genitori, sono i loro pensieri, sentimenti e impulsi volitivi, a decidere se questo bimbo avrà una costituzione fisica forte, oppure piena di debolezze, e si esporrà a tante malattie. I genitori e l’ambiente karmico sono per il bambino il modello da imitare. E quando i sette anni saranno trascorsi, quando questo abbandono religioso sarà compiuto, le carte non si potranno più cambiare per tutta la vita. Sorgeranno, forse, malattie occulte, incomprensibili, nel sessantesimo, sessantacinquesimo anno, che un’umanità ignara della Scienza dello Spirito, non saprà ricondurre, per esempio, a collere improvvise dei genitori quando questo essere aveva due, tre, quattro o cinque anni.

Quindi vedete che la Scienza dello Spirito ci fa entrare in un tipo di leggi d’evoluzione, relative anche alla corporeità dell’essere umano, che la scienza ordinaria ignora del tutto. E la scienza farebbe bene a prendere sul serio, dapprima come ipotesi (perché non si chiede a nessuno di confermare subito quello che dice Rudolf Steiner), che le cause di molti fenomeni corporei della seconda metà della vita, vanno ricercate nella dedizione religiosa del bambino, nel modo di architettare e strutturare la sua corporeità secondo il mondo circostante. Che il cervello di questo bambino, fin nelle sue cesellature più minute, possa essere lo strumento per un pensare profondo e articolato, dipende dall’interiorità delle persone circostanti.

Steiner sottolinea che con un bambino non è possibile mentire, perché ha effetto sulla sua corporeità

non quello che noi diciamo, ma ciò che noi siamo, nella nostra realtà. Quindi un genitore che fosse consapevole della responsabilità karmica immensa di partecipare alla strutturazione del corpo fisico del figlio, si proibirebbe di pensare pensieri errati di fronte a lui, perché il bimbo se li porterebbe per tutta la vita, in chiave di costituzione biologica, di corpo fisico. Ed è in questo contesto che Steiner fa presente come noi adulti abbiamo travisato il senso del religioso, inquinandolo con sentimentalismi e pietismi fuori luogo. Ci converrebbe riconquistare, riscoprire il senso vero del religioso guardando al bambino, alla sua decisione assoluta di fare i conti col karma, esponendosi alla realtà interiore di coloro che karmicamente lo circondano, per permettere al karma di strutturarlo nel corpo a sua immagine e somiglianza.

Se noi comprendessimo questo del bambino, faremo forse a meno di andare a cercare la religiosità in chiesa, dove ce n’è oggi ben poca; impareremmo noi dal bambino che la religiosità consiste nel prendere sul serio il karma, e nel vincere l’illusione di poterlo raggirare. Il bambino è colui che si proibisce ogni raggiramento del karma: ecco la sua religiosità.

2) Il settennio successivo, quello dai sette ai quattordici anni, fa sorgere un altro fenomeno, non più centralmente religioso, ma morale. Dal primo al settimo anno il bambino è un essere puramente religioso, dal settimo al quattordicesimo anno è un essere puramente morale: e così come nel primo settennio era un organo di senso dedito alla corporeità dell’ambiente, quindi alle percezioni sensibili che manifestano l’interiorità delle persone che lo accompagnano, così il bambino dai sette ai quattordici anni, porta in sé il desiderio assoluto di un’autorità indiscussa e spontanea; questo bambino è prima di tutto un organo animico. Come prima si imbeveva di tutte le percezioni provenienti dal mondo circostante, così ora, nel secondo settennio, è un organo animico: il bambino è tutta anima e vuole impulsi animici, come prima cercava impulsi corporei. E’ un’anima che si abbandona all’elemento dell’animico che lo circonda. E così come nei primi sette anni è importantissimo che noi, nella nostra interiorità, siamo un esempio, un modello per il bambino, così è fondamentale, dal settimo al quattordicesimo anno, che il maestro, il genitore, siano autorità. Autorità che gli portano incontro immagini animiche, soprattutto sulle ali delle fiabe, così piene di stupore e di meraviglia, da far dilatare l’anima del bambino, perché non è ancora capace di spirito.

Quindi il carattere fondamentale, religioso, dei primi sette anni è il mistero del corporeo; dei secondi sette anni è il mistero dell’animico. Nei primi sette anni il bambino è corpo, nei secondi sette è anima.

Soltanto nel terzo settennio incomincia a diventare spirito: ecco che si ripete la religiosità del cammino totale dell’evoluzione, dove prima si mettono i fondamenti attraverso il corporeo, e poi sul corporeo sorge l’animico, come potenzialità totale dello spirito.

Abbiamo prima l’opera del Padre che pone le basi di natura, le basi del corporeo, poi abbiamo l’opera del Figlio che fa sorgere un’interiorità umana capace di spirito. Il Cristo che lavora dentro all’anima umana, rende l’uomo un essere di anima che anela allo spirito: -Io vi mando lo Spirito -.

3) Il terzo grande passo dell’evoluzione dell’umanità, che si ripete in questi tre settenni del bambino, è l’opera dello Spirito Santo, dove l’essere umano diventa capace di spirito. Qui sorgono gradualmente un pensare ed un volere autonomi: qui il ragazzo cerca affinità spirituale, vuole incontrare nell’adulto la testimonianza del vero, attraverso il sentimento della stima.

E come abbiamo l’operare del Padre dentro ai fondamenti corporei del mondo, l’operare del Figlio che fa sorgere l’anima come potenzialità di spirito, e l’operare dello Spirito Santo come attualizzazione pura della forza creante dello spirito, così abbiamo nel bambino i misteri del corpo (i misteri del Padre) nei primi sette anni, i misteri dell’anima nei secondi sette anni (i misteri del Figlio), e poi l’inizio dei misteri dello Spirito Santo nel terzo settennio. Ripetendo il cammino trinitario della divinità che si riflette nell’umanità, il bambino dimostra in quale senso profondissimo sia un essere religioso, divino: anche nel suo modo di crescere trinitario, ternario, che lo pone nel mondo come corpo, anima e spirito.

Ci sarebbero tante altre cose da dire, ma voglio concludere i miei pensieri, così che anche voi abbiate la possibilità di esprimere i vostri.

Vorrei accennare ancora ad alcune cose: c’è, nel mistero religioso del bambino, nel modo in cui il bambino forgia il proprio corpo fisico, una duplice possibilità karmica. Può verificarsi che il bambino abbia un carattere prevalente di debolezza nel suo corpo fisico, oppure si evidenzia subito una costituzione energica, forte; queste sono naturalmente due polarità, ma possono manifestarsi tutte le gradazioni possibili. Ora, contemplando il bambino in chiave religiosa, è per noi importante questa domanda: da dove proviene il fatto che un bambino, karmicamente, venga indotto a costruirsi una corporeità debole, gracile nel suo carattere fondamentale? Riassumo qui cose che Steiner ha delineato in modi più complessi (cfr. 0.0.125 e 127): dove sorge una corporeità gracile, questa gracilità costitutiva è sempre il risultato karmico di una vita precedente contrassegnata dall’impulso dell’invidia. Non è possibile avere, come bambino, un corpo gracile, esile, debole, senza che nella vita precedente ci sia stato un forte, chiaro impulso all’invidia. L’invidia è l’incapacità di cogliere la preziosità dell’individualità, è il non volere che un’altra individualità abbia talenti e capacità proprie. Quindi l’invidia nega la preziosità dell’individualità: l’invidia non può sopportare la ricchezza unica e irripetibile dell’individualità. Se un bambino ha una corporeità debole, e se è vero, secondo una legge karmica ferrea (il karma non si raggira; il karma è giusto e perciò è pieno di amicizia verso di noi, perché ci dà le possibilità di pareggiare ciò che ancora va compensato), che questa debolezza è da ricondurre ad una vita passata nell’impulso dell’invidia, sorge la domanda: chi ha invidiato, questo essere umano, nella vita precedente? Naturalmente le persone che erano karmicamente più legate a lui: e queste persone siamo noi, se siamo i genitori, se siamo i maestri… Una corporeità debole in un bambino mi riporta alla considerazione religiosa che questo essere umano ha fatto me oggetto di invidia nella vita precedente. E la risposta religiosa a questo mistero, indica Steiner, è la decisione consapevole di perdonare a questo essere tutte le cose che ci ha invidiato.

Se, invece, si ha il fenomeno opposto di una corporeità energica, forte, questo bambino, nella vita

precedente, ha gioito dei talenti altrui: e chi erano gli esseri umani che avevano questi talenti? Eravamo noi. In altre parole, questo essere ha gioito dei talenti che io avevo, e ciò gli consente di costruire una corporeità fisica forte, energica, che non sarà sottomessa facilmente a malattie.

Un altro impulso, polare a quello dell’invidia, è la mendacità. Questi due impulsi sono una polarità perfetta: possiamo disegnarli in forma di lemniscata. Come l’invidia corrode l’individualità, così la mendacità ci priva di quel terreno universale che è la verità; in altre parole, la mendacità è il vuoto dell’universalità. Sono i due impulsi che negano, rispettivamente, l’individualità e l’universalità. Quando c’è stata una vita precedente con la tendenza a mentire, a sottrarre quel terreno oggettivo, universale che noi chiamiamo la verità, l’essere umano nasce con una interiorità debole: una specie di tendenza all’autismo, una difficoltà a porsi in accordo col mondo esterno, che è il mondo universale, oggettivo, nel quale tutti siamo. Steiner dice: sapendo noi che l’autismo, la difficoltà interiore a porsi in rapporto con l’ambiente, vanno ricondotti a una vita intera in cui questo essere ci ha detto sempre menzogne, qual è, in chiave di amore religioso, la risposta a un fatto karmico così importante? Pensiamo alla psicologia, a tutti gli espedienti e terapie di oggi che vengono messi in moto per vincere l’autismo, e paragoniamoli con questa precisa risposta di Steiner: la cura è dire a questo bambino, il più possibile, la verità. Proprio perché per tutta una vita ci ha detto menzogne, oggi è isolato da ciò che tutti ci accomuna. Come possiamo sommamente dire ad un bambino la verità? Attraverso le fiabe, perché le fiabe contengono le verità più alte e più sublimi, soprattutto sul mondo spirituale. La cura più decisa dell’autismo è il racconto delle fiabe da parte di una persona che sia intrisa della convinzione che queste fiabe sono vere, perché dicono la verità sul mondo spirituale. Tu mi hai mentito per tutta una vita, ti sei isolato dal mondo di comunanza che noi abbiamo, e io sono qui per dirti la verità. E dicendoti la verità ti apro a questa comunanza universale, a questo fluido cosmico che tutti ci unisce; non c’è nulla che dica in modo così sublime la verità, come le fiabe (quando sono fiabe vere e non quelle inventate: bisognerebbe conoscere la differenza).

Termino con un’altra prospettiva, che Steiner accenna in questo stesso contesto, e che ci fa vedere da un altro lato il mistero religioso del bambino che cresce. Ci sono due modi fondamentali di stabilire il nostro rapporto con il cosmo: o noi vogliamo capire le cose, in chiave di concetti, oppure ci rapportiamo alle cose in chiave di immagini. Qual è la differenza tra il concetto e l’immagine? La

differenza fondamentale è che il concetto deve essere preciso, incisivo: in altre parole il concetto deve essere ben definito, perché i concetti confusi non servono a niente. Invece l’immagine ha il carattere opposto, quello di restare più aperta possibile; ecco perché è importante che le immagini visive che si danno ai bambini non siano definite in tutti i particolari. Altrimenti porteremmo l’elemento intellettivo, del concetto, del pensare, dentro al mondo del bambino, e questa sarebbe una violenza enorme, perché è precoce. Steiner dice: affrontare la verità, la realtà in chiave di concetti, è il lavoro dell’intelligenza, è il lavoro specifico dell’Io; invece, rapportarsi alla realtà in chiave di immagini, è il gesto specifico del corpo astrale. Il corpo astrale vuole un rapporto di immagini con la realtà; l’Io vuole un rapporto di concetti. E l’essere umano dovrebbe sapersi muovere sovranamente fra l’uno e l’altro, sia in chiave di Io, sia in chiave di corpo astrale.

Però c’è un’altra cosa da dire: se noi affrontiamo la realtà con l’intelletto, cesellando sempre più chiaramente i concetti, non possiamo che cogliere un aspetto ben preciso e particolare della realtà. Il

concetto è per sua natura atomizzante. E Steiner indica, a questo proposito, che il creare concetti sempre più precisi attraverso il lavoro dell’intelligenza dell’Io, non ci fa conoscere la realtà, perché noi, più diventiamo precisi nel concetto e più perdiamo la realtà. La realtà è una ricchezza inesauribile in tutti i suoi fenomeni. E allora, a che serve questo lavoro intellettuale dell’Io? Serve a tutt’altra cosa che a farci conoscere la realtà: serve a farci sviluppare interiormente. Ecco qual è lo scopo del cammino scolastico, della tecnica del pensiero che diventa sempre più rigorosa. Ci fa perdere sempre di più la vastità, la profondità e ricchezza della realtà, ma ci fa acquistare una capacità interiore pensante che noi possiamo avere soltanto attraverso questo cammino. Le immagini, invece, sono tutte in chiave di stupore del corpo astrale: non c’è un rapporto di intelligenza con la realtà, ma di meraviglia che crea immagini sempre nuove, in accordo con la totalità della realtà. L’intelletto considera prima un aspetto, poi un altro, poi un altro, e perde il rapporto con la totalità. E’ importantissimo per il bambino piccolo che noi lo lasciamo nell’elemento del corpo astrale, nell’elemento dell’anima, dello stupore, perché non è ancora capace di sceverare, di atomizzare la realtà, analizzandola: può solo avere una rapporto sintetico, pieno di mistero e che va per interi.

Interessante è che Steiner analizza e ci dice: un bambino che sia stato lasciato in questo contesto animico più ampio (“breite Gebietsgrundlage”, un vasto fondamento dell’animo), che non sia ristretto al concetto, un bambino che abbia avuto una formazione piena di immagini, resta giovane per tutta la vita. Questa è una legge fondamentale dell’esistenza: mantiene una motilità, una versatilità, una capacità di adattamento per tutta la vita. Questa sorgente di vitalità, questa capacità di restare giovani, anche quando si hanno le rughe, è la conseguenza diretta di una educazione che ha lasciato vivere il bambino nell’elemento del corpo astrale, delle immagini, della meraviglia. Invece, quando si porta il bambino nell’elemento precoce del concetto, dell’intelletto che distingue, che definisce (finis è il confine, quindi definire significa indicare chiaramente i confini), dove i colori sfumati della pittura terminano e si pone la linea del disegno (la linea è proprio il gesto del concetto: come il concetto uccide l’immagine, così il disegno uccide la pittura, perché la linea è nitida, netta come una spada che taglia): quando questo avviene, inesorabilmente negli anni si avrà un essere umano che invecchierà precocemente e criticherà tutto e tutti, e sarà ipocondriaco, e si lamenterà di tutto. Ecco l’effetto diretto. Se il bambino è un essere così religioso da presentare nel suo processo incarnatorio la demiurgia, l’operare di magia bianca più divino che ci sia, allora possiamo anche comprendere perché Steiner dica: quando abbiamo a che fare con bambini piccoli, noi stiamo compiendo un culto religioso. Noi abbiamo nelle nostre mani il divino.

L’educazione, familiare e scolastica, consapevole della religiosità del bambino, è una educazione compiuta con l’atteggiamento interiore di stare celebrando un culto umano e cosmico.

DIBATTITO

Intervento (A)

Oggi, nelle scuole statali, fin dall’asilo c’è la facoltà di scegliere, per i propri figli, l’insegnamento della religione cattolica, oppure optare per attività alternative, non meglio specificate. Che danno può avere il bambino che non ha questo tipo di insegnamento né a scuola, né, si presume, in casa? Quale altro danno può venire dall’insegnamento di una religione cattolica presentata in modo dogmatico?

Archiati

Steiner direbbe: un bambino che non ha questo insegnamento religioso, non solo non ha nessun danno, ma ha tutti vantaggi. Se io capisco bene Steiner, ritengo di poter dire che il fatto di insegnare la religione sia un sostituto sfacciato del fatto che noi non siamo più religiosi. Perché se noi fossimo religiosi nel nostro essere, mai ci sogneremmo di insegnare la religione. Si comincia a insegnare la religione quando la si è persa interiormente; se poi è quella cattolica o quella buddhista, non cambia nulla.

Intervento (A)

Ma se non c’è, né in famiglia né a scuola, nemmeno l’impulso religioso?

Archiati

Se non c’è, mettiamocelo.

Intervento (A)

Ma se uno non ce l’ha?

Archiati

Certo non lo possiamo andare a comprare al supermercato. Io direi: così come è l’umanità oggi, non è più possibile ritrovare una religiosità vera, non sentimentale, senza una vera e propria Scienza dello Spirito. Perché la religiosità vera sorge dal conoscere le cose umane e divine che accadono intorno a noi. Ma se io non mi rendo mai conto di questo, se io non so che nel cosiddetto bambino ho a che fare con un essere divino, eterno che si incarna, dove la vado a prendere la religiosità? Ecco perché Steiner insiste, sempre di nuovo, sul fatto che all’umanità urge, per salvarsi, la Scienza dello Spirito.

Intervento (B)

Steiner, nell’organizzazione della scuola Waldorf, pone l’insegnamento religioso: ogni bimbo può seguire nella scuola la religione della famiglia.

Archiati

Non era questo il senso della domanda. Il fatto che Steiner nella prima scuola Waldorf, a Stoccarda, abbia permesso al sacerdote cattolico di venire a fare religione ai bambini cattolici, e al pastore protestante di venire a fare l’ora di religione per i bambini protestanti, questo (Steiner l’ha sempre ripetuto) è stato un compromesso necessario. Se i genitori non richiedessero l’ora di religione, e se i pedagoghi, intrisi di pedagogia steineriana (che si fonda su tutte le cose che abbiamo detto questa sera), facessero le cose giuste col bambino, non ci sarebbe bisogno dell’ora di religione, perché tutto avrebbe un carattere religioso. Quindi non è vero che Steiner ha previsto, fin dall’inizio della scuola Waldorf, l’ora di religione. Perché se noi abbiamo l’ora di religione, significa che abbiamo tante ore di nonreligione! Questo è il problema.

Intervento (C)

Come genitori noi non accettiamo la religione cattolica, ma riteniamo giusto che nostra figlia cresca nella meraviglia della religiosità, insieme a noi e agli altri, e quindi anche nella sua scuola; riteniamo necessario che ci sia l’ora di religione nella scuola…

Archiati

Se l’ora in cui il bambino ascolta una fiaba non è un’ora di religione, non ne troverete mai una. Se non è in un mondo che è tutto religioso, dentro alla fiaba, non sarà in altri, perché non esistono. Il mondo religioso per eccellenza è il mondo delle fiabe: l’altro è spurio, e ne vediamo i risultati.

Intervento (D)

Ricordando la mia esperienza di bambina, posso dire che il culto, l’andare in chiesa, l’assistere alla cerimonia della messa, per me aveva veramente un significato profondissimo. Questo io l’ho ritrovato nella mia figlia più grande e mi è parso di capire che c’è un’ età della vita, che è proprio il secondo settennio, in cui forse c’è ancora una necessità, una affinità tra una certa forma di culto e l’anima umana. Questa affinità scompare, cade, nel momento della pubertà, perché quando l’adolescente pone delle domande alle quali non può trovare risposta, questo aspetto del rito non basta più. Mi viene anche in mente che la religiosità che si è sviluppata nel medio evo, è una religiosità che si fondava proprio sul culto: forse, c’è un’età della vita in cui è anche giustificato l’assistere o il partecipare al culto, che è poi un elemento che nella chiesa si svolge puramente sul piano dell’anima, non sul piano dello spirito.

Archiati

Il culto è tutt’altra cosa che l’ora di religione: il culto si muove in un mondo di immagini. Steiner racconta di aver sperimentato la felicità, da bambino, in due cose: nella geometria e nella liturgia. Leggetelo nella sua autobiografia. Ha sperimentato felicità nelle costruzioni geometriche e quando era chierichetto, e viveva nell’elemento del culto, fatto di immagini, di gesti, di cose misteriose… Il bambino è pieno di stupore; ma questo è tutt’altra cosa che l’ora di religione. Il culto va bene per il bambino, va bene, e come! Se lo si fa nel modo giusto. Perché se consideriamo, ad esempio, il fenomeno protestante, vediamo che consiste proprio nell’aver fatto svanire l’elemento di immagine nel culto e nell’aver esasperato l’elemento del concetto: praticamente l’unica cosa importante nel servizio protestante, è la predica. Steiner diceva che così finisce di essere culto. La predica atomizza gli esseri umani, perché va per concetti: e quando andiamo per concetti, uno la pensa così, uno la pensa cosà. Steiner disse ad alcuni pastori protestanti: se volete finirla di atomizzare gli esseri umani e avere un elemento che faccia sperimentare la comunione, la comunità, dovete ritornare al culto. E perciò è sorta una forma di culto del tutto rinnovata da Steiner che, come dice lei, può essere per il bambino un elemento preziosissimo, non meno prezioso della fiaba: è nato dal mondo della fiaba, perché è un mondo di mistero, è un mondo di meraviglia e stupore. E questo mondo vuole il bambino.

Intervento (E)

Riguardo alle leggi ferree del karma lei ha detto: nascere con una corporeità gracile è una conseguenza karmica; chi non ha avuto da bambino una certa educazione, quando sarà maturo invecchierà presto… Non riesco a fare il collegamento con l’attualizzazione, con la libertà.

Archiati

Il karma è la libertà del passato: oggi è necessità ferrea, ma quando era al presente, era libertà.