Uno sguardo sul terzo settennio

di Robert Thomas* (Articolo tratto da “Arte dell’Educazione”)

Il movimento Waldorf si espande sempre di più: ora è presente in 50 paesi, e consta di oltre 1300 asili e 800 scuole, molte delle quali comprendono anche le classi superiori. Questa crescita notevole e le novità socioculturali che continuamente sorgono pongono oggi la domanda pressante: cosa vuol dire oggi Scuola Waldorf? Qual è il vero impulso Waldorf ?

Mi sembra che il compito posto da Rudolf Steiner alla scuola da lui fondata sia rivitalizzare la società. Un grande pericolo è costituito dalla ‘tradizione Waldorf, il cristallizzarsi dell’attività delle nostre scuole in forme fisse e immutabili il che è tanto più grave in quanto esse hanno a che fare con giovani. Un testo base fondamentale per coglierne la specificità è, oltre alla sua ‘Filosofia della libertà”, il ‘Corso giovanile” da lui tenuto a Dornach nel 1923. Nel mondo dei giovani allora si nota va da più parti una crescente insoddisfazione per la cultura, il modo di vivere del tempo, che a molti di loro andava stretto, pareva insensato. Era tempo dei “Wandervögel”, giovani che avevano rotto con gli schemi della società e che in gruppo vagavano per l’Europa, un po’ come avvenuto più tardi negli anni ’60 con i “figli dei fiori”. Molti di loro non ottennero risposte tanto che alcuni di essi entrarono nel nazionalsocialismo.

Rudolf Steiner racconta che a quel tempo vennero da lui dei giovani dicendo: ” Cos’è questa nostalgia che abbiamo in noi? Abbiamo un problema ma non riusciamo a verbalizzarlo.”

Nella 13a conferenza del corso citato Rudolf Steiner riesce a chiarire di che si tratta e conclude: “abbiamo bisogno di un approfondimento spirituale, una nuova pedagogia”. Egli aveva capito che i sessanta giovani che seguirono il corso avevano una grande antipatia per la routine, per le convenzioni sociali, per le frasi fatte. La fiducia nei loro maestri era andata a zero. Avevano capito che dietro alle parole non c’era l’individuo.
Nella storia recente si può notare che tutti i movimenti giovanili, del ’22, ’33, ’60, ’80, ecc. hanno avuto problemi con la routine, le convenzioni sociali, le frasi fatte. Ciò è logico perché i giovani portano cose nuove nel mondo e vogliono attuarle. Non vogliono farsi fagocitare dalla spirale della tradizione, molti rifiutano il darwinismo sociale. Nell’educare i giovani occorre conoscere le forze che essi portano, tenerne conto.

Vorrei partire da uno “Spruch” di Rudolf Steiner:

Votarsi alla materia Dem Stoff sich verschreiben,
Frantuma le anime Heißt Seelen zerreiben,

Trovarsi nello spirito Im Geiste sich finden,
Unisce gli uomini Heißt Menschen verbinden.

Vedere sé nell’altro Im Menschen sich schauen,
Edifica mondi. Heißt Welten erbauen.

Quanto qui viene detto può a tutta prima apparire astratto invece è facile mostrare che qui ci sono indicazioni fondamentali per le classi superiori, c’è addirittura una traccia di piano di studi! Il primo versetto riguarda le classi IX e X. A questa età c’è la tendenza ad immergersi nella realtà materiale, nella tecnica, nel modo di vestirsi, anche nella materia scolastica; il giovane attraversa l’epoca del materialismo attivo, come dice Rudolf Steiner. L’effetto è una frantumazione dell’anima, dolorosa, mortale. I versi seguenti riguardano le classi X, XI e anche la XII: il giovane comincia a cercare il senso delle cose, cosa ci sta dietro. Avviene una progressiva riscoperta dello spirito che permette di superare le divisioni tra gli uomini. Successivamente nelle classi XII, XIII egli entra nella terza fase, diventa costruttore della comunità, del mondo.
Se riandiamo alla storia della pedagogia degli ultimi cento anni troviamo una girandola di principi pedagogici.
Negli anni 1920 emerge la concezione di Herbart: nell’apprendimento è importante non tanto il contenuto ma come apprende l’uomo: l’accento è sul metodo. Ci occorre un metodo: ogni problema pedagogico ha il suo metodo.
Negli anni ’50 l’attenzione si sposta sulla sequenza di apprendimento: non ci sono leggi fisse di apprendimento.
Intorno agli anni ’70 ricerche svolte presso il Max Planck Institut portano a sottolineare l’importanza non tanto di metodo o di leggi ma della personalità, entusiasmo, sistematicità dell’insegnante. E’ importante la persona, non le leggi.
Ma poi viene il ’68 con i suoi sconvolgimenti: puntare tutto sull’insegnante è troppo pericoloso. Bisogna agganciarsi ai contenuti, per es. in botanica studiare tutti i fiori delle Alpi in un trimestre.
Negli anni ’80 la riforma pedagogica acquista dimensioni europee: fondamentali sono i modelli di apprendimento, per es. nelle lingue straniere, del francese, del tedesco, inglese, ecc. Qui si nota l’influsso dello strutturalismo.
Successivamente negli anni ’90 si nota che i modelli sono troppo rigidi e si passa ai laboratori linguistici. Si sottolinea l’importanza del soggetto discente, è importante che l’insegnante lo percepisca, ne tenga conto.
Arriviamo agli anni 2000: il Max Planck Institut sottolinea l’importanza del contesto sociale nell’apprendimento: è il gruppo che mi aiuta, che mi permette di imparare. La classe è il migliore strumento di apprendimento.
Tutti questi elementi sono certamente validi e importanti ma sono parziali. E’ interessante notare che sono presenti nella pedagogia Waldorf, la quale non li utilizza in modo unilaterale ma integrato: essa non è specialistica, ma intuitiva, globale.
Sappiamo che la parola guida per l’ educazione nel II settennio è l’esperienza dell’immagine, portare il bambino a incontrare il mondo condotto dall’autorità (amata) del maestro. Recentemente è uscito in Germania un nuovo libro dal titolo significativo: “L’educazione, una catastrofe”, ricerca durata 10 anni sull’attività pedagogia nell’ultimo secolo. L’autore nota che all’inizio e fino al 1950 l’educazione è rigida, autoritaria. Se il bambino compie una sciocchezza il maestro lo punisce, gli dà una sberla, lo bacchetta: e non si scrivono articoli sui giornali!
In seguito nasce l’educazione antiautoritaria. Il bambino sa ciò di cui ha bisogno. Se per es. ha sete alle 3 del mattino va in cucina a prendere qualcosa in frigorifero: deve potersi esprimere liberamente.
Tempo fa circolava una storiella in proposito: un bimbo è in autobus accompagnato dalla madre e, a un certo punto, comincia a battere sulle ginocchia di una signora anziana seduta davanti a lui. Un passeggero dice alla madre di farlo smettere, al che lei obbietta che il bimbo deve potere fare quello che vuole altrimenti gli verrà una nevrosi. Per tutta risposta un giovanotto lì presente dà una sberla alla madre giustificandosi con la frase: “Mi scusi ma, sa, io sono stato educato in modo antiautoritario!…”
L’autore conclude osservando che forse viviamo in situazioni estreme: forse occorre trovare una via di mezzo. Ciò di cui il bambino ha bisogno è un’autorità ma che sia amata, che nasce perché il bambino ama il maestro. Ma questo non è che la pedagogia Waldorf, la pedagogia del centro! Vediamo come oggi a queste conclusioni arrivano anche persone non Waldorf. Oggi c’è una certa convergenza tra pedagogia statale e Waldorf.
Passiamo ora al III settennio. Il bambino arriva alla pubertà, a 14 anni e comincia a notare che è solo, unico. Il che è un’esperienza dolorosa. In precedenza ha già avuto incontri con se stesso ma erano più sognanti, in larga parte incoscienti. Ora l’adolescente nota che ha la possibilità di un proprio pensare, sentire, volere. Naturalmente egli l’ha sempre avuta ma ora ne è cosciente e questo è un passare una soglia.

Il pensare del bambino a 4, 5 anni è ancora vivente ma con la maturità terrestre, sessuale tutto ciò che è forza dell’anima perde in modo irreversibile il carattere vivente. Rudolf Steiner ci dice che alla pubertà il pensare muore. Ciò comporta una grande trasformazione nel passare alle classi superiori: non possiamo portare soltanto immagini e racconti il cosiddetto “cinema antroposofico” (che è meno caro e più sano)! Dobbiamo lavorare col pensare che muore, col sentimento che sparisce, con la volontà che diventa pesante. In una IX classe lo si nota fin dall’inizio: tutti i giorni lo “spruch”! E in piedi! C’è una pesantezza di piombo, la volontà si lega alla materia e rimane bloccata. Il pensare si emancipa e diverrà più tardi convenzione sociale, frase fatta, routine.
Quindi il nostro compito non è tanto quello di preparare gli allievi alla professione, anche se questo è importante. Il compito vero è risvegliare di nuovo il loro pensare, il sentire, il volere che è il modo migliore per prepararli al mondo della professione. Come farlo? Una premessa di fondo è che pure il pensare, sentire, volere dell’insegnante sia risvegliato. In altre parole io devo prima trasformarli in me per lavorare bene con i ragazzi.
Il filosofo francese Michel Foucault diede nel 1984 un corso universitario che recentemente è stato pubblicato col titolo: “Ermeneutica del soggetto”. Foucault è noto per le esperienze estreme che ha voluto fare: è stato con delinquenti, in prigione, con omosessuali, contro tutti i tabù. Nel suo lavorare sulla filosofia antica ha scoperto che la storia della filosofia è la storia del “conosci te stesso”. Questa massima gioca un’importanza centrale in Platone, Aristotele e così avanti fino all’epoca moderna. Arrivati a Descartes le cose cambiano, egli lo abbandona. Fino a Descartes c’era una relazione tra soggetto e oggetto, spirito e materia, io e mondo: ma ciò implicava che il soggetto si trasformasse. Si sapeva che per conoscere il mondo il soggetto doveva trasformarsi. Descartes dice: non occorre, basta avere un metodo, il soggetto non è importante e in questo senso scrive il suo ‘Discorso sul metodo”. Rudolf Steiner afferma che Descartes, Kant , ecc. fanno un errore come mostra nella “Filosofia della libertà”. Il soggetto non è neutro: per avere relazione con l’oggetto e conoscerlo deve trasformare il suo pensare, sentire, volere. La conoscenza del mondo è dunque un atto
creativo, partendo dalla trasformazione del pensare. Descartes corrisponde quindi al momento in cui il pensare sta morendo e allora non ce la si fa più, si cerca un sostituto, cioè il metodo: potremmo dire che corrisponde al momento adolescenziale della filosofia. E Foucault conclude che una conoscenza che leghi soggetto e oggetto è al fondo una conoscenza spirituale. E’ compito della pedagogia Waldorf porre le basi perché il pensare ridiventi vivente: come possiamo ottenere ciò?
Rudolf Steiner ci dà delle indicazioni in una conferenza pubblica del 1907″.'”E’ sempre maggiore il numero delle persone “nervose” che hanno disturbi come tremito, mal di testa, tick, ecc. alla cui base non ci sono cause organiche. Ciò dipende dal fatto che il loro corpo eterico umano è molto debole oggi si parlerebbe di debolezza del sistema immunitario. La cura migliore è rinforzarlo: in tal modo lo psichismo non incide più troppo sul fisico e nel contempo il pensare ridiventa vivente. Ma questo è anche il programma giusto per le classi superiori.
Non si deve giudicare in base al risultato. Un compito di algebra in IX può essere eseguito correttamente in due modi diversi, o applicando le regole o seguendo il pensiero. Il risultato è lo stesso ma l’effetto sulla mobilità di pensiero e sulla salute è ben diverso, perché il secondo vive un processo interiore. E’ importante vivere l’algebra come scuola di pensiero, non di memoria.
Oppure si va a teatro a vedere l’Amleto e poi lo si racconta all’inverso. Lo sforzo di uscire dalla cronologia dei fatti non serve per l’esame di maturità, ma permette di risvegliare il pensiero (volontà nel pensiero!).
In IX, X la scrittura si stabilizza e diventa personale, il giovane stabilizza la sua firma. Oggi la calligrafia è in un pauroso declino al punto che in certe scuole americane in X classe si fanno corsi di scrittura. Gli insegnanti si sentono costretti ad interpretare i grafismi dei ragazzi. Ciò è peggiorato dall’uso del computer in cui basta soltanto premere. Ma è un errore, non bisogna adattarsi ai grafismi dei ragazzi, bensì portarli a fare esercizi di scrittura, es. “scrivi la f in modo diverso”; lavorare su poco, solo su una o due lettere. Non date voi il modello ma fate in modo che se lo scelgano loro. Certe scritture sono il risultato di una nervosità interiore che con esercizi simili può essere combattuta.

Quindi dobbiamo non solo portare contenuti ma curare la forma! Svegliarlo ad un cambiamento personale! In tal modo rinforziamo il sistema immunitario. E ciò è un compito dell’antroposofia verso la civiltà, così si esprime Rudolf Steiner in una conferenza dell’ 11 gennaio 1912. Oppure scrivere un minuto al giorno con la sinistra, per 3 mesi. Lo scrivere allora non è più automatico, devo riflettere come faccio e con ciò lego coscientemente la mia personalità col gesto. Il che ha molta importanza per il corpo eterico.
Ma occorre praticare noi stessi quanto suggeriamo. Una volta un medico austriaco mi raccontò che spesso raccomandava ai suoi pazienti di non fumare, talvolta schiacciando un mozzicone nel portacenere: l’effetto era di solito nullo. Ma quando smise lui stesso di fumare allora i pazienti gli diedero retta.
L’origine del dualismo di Descartes sta nel non aver tenuto in conto il soggetto, non averlo approfondito. Dobbiamo sviluppare un pensiero vivente che è molto diverso dal pensiero materialistico. Quest’ultimo nel suo campo non é falso ma non pensa tutte le conseguenze di un pensiero (come fa il secondo). Il grande problema del nostro tempo è che nel XIX sec il materialismo era solo pensato, era una teoria; ora però è diventato realtà quotidiana, è praticato inconsciamente. Quando si pensa all’uomo viene in mente il codice genetico che ora è stato decifrato: il che implica che l’uomo sia necessitato, non possa essere libero. Quindi è compito della Pedagogia Waldorf trasformare in modo vivente tutto ciò che finora è stato pensato, in realtà concreta. Nella Scuola Waldorf vogliamo sperimentare, verificare che il pensare, sentire, volere sono altra cosa dalla materia. Deve essere non una teoria filosofica, ma un aiuto concreto, uno strumento per risvegliare l’essere umano.

Alla pubertà il pensare, il sentire e il volere del ragazzo sono divenuti indipendenti e in questo senso sono uguali a quello dell’insegnante, i due sono allo stesso livello antropologico. Lui non ha ancora l’esperienza ma la qualità è la stessa. Perché in noi c’è la stessa sua forza, nascosta dall’esperienza. C’è moltissimo da imparare da questo pensare, sentire, volere ancora vergine, sempre che l’insegnante segua una formazione permanente. Es. il senso della giustizia è molto vivo nei giovani, se l’insegnante ci passa sopra si crea un baratro tra lui e la classe.
Nel 1924 Rudolf Steiner disse: “Se dovessi ricominciare la Scuola Waldorf metterei al centro le attività artistiche, specie nelle classi superiori” cioè l’esercitare le varie arti ritmicamente, l’euritmia, pittura, ecc. anche secondo progetti differenziati. Creare una cultura del sentimento che opera, del movimento che ha un senso. Il sentimento non coltivato attraverso l’arte porta inevitabilmente ad una sensibilità introvertita e al soggettivismo.
Con l’attività personalizzata permettiamo al sentimento di divenire individuale, arriviamo per es. a poter differenziare tutte le esperienze musicali possibili. Per ciò occorre fare esperienze diversificate per arrivare alla formazione delle forze del cuore. Per es. a 14–15 anni il modellaggio è essenziale per formare queste forze del cuore. Qui il ragazzo si collega nel nucleo del cuore con l’attività praticata. Si forma un legame profondo con l’opera nella quale la sua personalità è percepibile. Come per es. in un quadro di Cézanne c’è ancora tutto l’autore, anche dopo 100 anni. E nell’allievo nasce e si rafforza la conoscenza di sé, una padronanza sempre maggiore della sua personalità. In XII mio figlio ha fotografato i suoi compagni e loro hanno avuto il compito di ingrandire singolarmente su un foglio la loro immagine. Mi ha detto: “Non sapevo di avere questa testa!” anche se si è visto tante volte allo specchio (anche troppo!). Così si è condotti a ricavare l’essenziale, a scoprirsi da se stessi. E ovviamente non ripetere la stessa cosa: fare molti esercizi, ampliare le esperienze.
Quanto alla volontà, in IX si nota che l’andatura si appesantisce, le gambe e le braccia appaiono superflue. Ora si tratta di risvegliare la volontà. Oggi la volontà è diminuita e quasi sparita, non parlo dei manager che hanno volontà molto forte. Inoltre c’è una quantità di macchine che complicano le cose inducendo a fare movimenti meccanici, come pigiare tasti, cliccare, ecc.. Sono movimenti astratti, vere astrazioni nel campo della volontà.
Invece occorre fare esperienze in cui il movimento è carico di significato e che gli allievi possano capire dall’A alla Z. Per es. in IX, X si fanno stages di agricoltura, forestazione, agrimensura proprio perché essi acquistino competenza nell’attività e temprino la loro volontà, la loro determinazione. La durata è importante: 20 anni fa si facevano stages di una settimana. Oggi si nota che dopo l’entusiasmo iniziale dei primi giorni dopo 4–5 giorni si è stanchi e si vuole ritornare. Ma la volontà deve scontrarsi con gli ostacoli, con la crisi del 3° o dell’ 8° giorno. Oggi per uno stage occorrono 2 o 3 settimane. Qui il sentimento non ha posto. Se i ragazzi chiedono “Quando ritorniamo?” si risponde: “Si continua!”

Può approfondire il concetto di pensiero morto? e come può essere insegnato un altro tipo di pensiero?

Ovviamente non possiamo trascurare il pensiero morto, e infatti ci lavoriamo dalla IX alla XII, però è importante che diamo piccoli impulsi per vivificarlo, con esercizi come quelli presi dalla citata conferenza di Rudolf Steiner o da quella intitolata “Educazione pratica del pensiero”3 Dobbiamo ricordare che prima del 18° anno non è possibile una vera conoscenza che è sempre individuale. In questo campo i documenti fondamentali sono la “Filosofia della libertà” e “Forze spirituali attive tra vecchia e nuova generazione”, veri testamenti datici da Rudolf Steiner per la pedagogia nel nostro tempo. Nel nostro secolo l’ambiente diventa sempre più astratto e i bambini l’assorbono. Per es. ai bambini oggi si spiega subito che il Sole non è che una bomba atomica. Quindi occorre personalizzare l’insegnamento e favorire la partecipazione attiva. In certe scuole si insegna con lezioni frontali a tutta la classe insieme, fino nelle ultime classi, il che significa poco lavoro personale. E’ bene che il lavoro intellettuale cominci prima, che i bambini facciano già piccoli lavori da soli, individualmente o a piccoli gruppi.
In IX essi devono saper ascoltare e fare riassunti individuali, anzi è meglio che comincino prima, in VII, VIII. Oppure che lavorino in piccoli gruppi di 2–3 ragazzi, tutta la classe è troppo grande. Ciò non per motivi di efficienza ma per un motivo antropologico. Rudolf Steiner chiede che in IX classe gli allievi raggiungano una certa indipendenza. Si parla molto di “educare alla libertà” ma sarebbe più opportuno parlare di “educare alla indipendenza”.
Gli studenti devono fare le esperienze che sono conosciute dal maestro. Per questo è necessario che egli faccia esperienze analoghe a quelle dell’allievo per es. in matematica, altrimenti non troverà un contatto con la classe e non sopravvivrà molti anni!

In VI, VII, VIII classe spesso arrivano da fuori ragazzi nuovi nelle nostre classi, che non hanno seguito il nostro corso di studi. Arriveranno anche loro agli stessi risultati?

Se il clima della classe è buono i nuovi entrano nella corrente e possono inserirsi bene. Non dobbiamo dimenticare però che noi creiamo solo la condizione per imparare: è l’individuo che impara! Solo il 50% viene dalla scuola e dalla famiglia, il resto viene da lui stesso. Noi non possiamo che osservare. Ci sono persone con alle spalle un’adolescenza catastrofica che a 20 anni vengono fuori bene, diventano indipendenti. Ogni uomo è un mistero, dobbiamo rispettare il destino individuale. Sono i bambini che spingono i genitori al loro destino, gli adulti hanno l’impressione di condurli ma in realtà ne sono condotti.

Ogni impulso spirituale che entra nella storia, dopo 2 o 3 generazioni tende a perdere la sua forza iniziale e così avviene anche per quello della scuola Waldorf. Dobbiamo sempre ritrovarlo collegandoci ai fatti del 1919, non in senso storico o letterario ma nella sua essenza. In precedenza abbiamo esaminato brevemente varie direttive pedagogiche del XX secolo, abbiamo visto come la pedagogia del risultato è una strategia a breve scadenza. Come recita il motto essa “frantuma le anime..” ed è stata imposta non dalla realtà del bambino ma dal mondo economico: “il mondo produttivo ha bisogno di 1550 ingegneri entro il dato anno, ecc.”
Solo ora emergono voci nuove: Jacques Delors responsabile del programma educativo dell’UNESCO afferma: “la proposta educativa dipenderà da come comprendiamo la natura del bambino”. Si comincia a pensare che è la natura profonda del bambino che deve dettare la pedagogia e non altre esigenze – anche se la tradizione pedagogica europea fa il contrario. Finora i programmi scolastici sono stati scritti dal processo economico e i bambini devono adattarvisi, ora però siamo giunti ad un momento di rovesciamento perché oggi, proprio dal mondo economico, arrivano nuove richieste – non da quello culturale. Quel mondo è molto complesso, vi sono attivi processi occulti anche per gli specialisti. Si è capito che la Borsa è imprevedibile come il meteo, occorrono individui inventivi. Il Credit Suisse ha affermato che la situazione può essere migliorata solo da individui “nuovi”. Occorrono individui creativi non solo esecutori.
In Svizzera gli organi istituzionali chiedono che l’educazione cambi completamente. Tre settimane fa si è avuta la richiesta di liberalizzare completamente la formazione in Svizzera. E questo è il sintomo di una tendenza. Dopo 80 anni di liberismo le industrie riscoprono la fraternità e la sua importanza. Ma la fraternità è sempre stata coltivata nelle Scuole Waldorf, quindi qui siamo veramente al vertice del processo storico.
Abbiamo visto che il materialismo evolve dal teorico al pratico. Passando dall’antica Grecia ai giorni nostri la coscienza che prima era legata al gruppo umano si fa sempre più individuale. Il pensiero che un tempo era legato all’anima diventa sempre più legato al cervello e morto, anche per gli antroposofi. E contemporaneamente si sviluppa un forte egoismo.
Lo stesso processo avviene nella crescita del bambino. Col cambio dei denti la fede negli adulti cala ed è sostituita dal bisogno di sapere: è per questo che egli va a scuola. Alla maturità sessuale si cominciano a sviluppare forze che gli permetteranno la conoscenza individuale. Noi dobbiamo porre dei germi perché, dopo i 21 anni, egli possa pensare non più col solo cervello: germi di pensiero vivente. Ma per arrivare a ciò occorre molto tempo. Possiamo aiutarci con un’immagine: per rendere commestibile il grano occorre spezzarlo, macinarlo ed estrarne la farina. Così dobbiamo macinare il pensiero cerebrale per arrivare a un estratto base del pensiero vivente. E questo il senso del “frantumare le anime”.
Ho un collega laureato, che ha ottenuto il dottorato in botanica e che ha preso una I classe. Con grande impegno l’ha portata avanti e ora è in VIII classe. Mi ha detto “La mia botanica non l’ho proprio potuta trasmettere, invece ho lavorato con la musica fin dalla I classe!” Occorre disporsi ad imparare sempre, il sapere devo trasmetterlo ma, affinché diventi conoscenza – nei ragazzi –, devo essere io stesso disposto a imparare, a conoscere, a trasformarmi: è il minimo per essere un vero maestro. E i ragazzi sono molto sensibili e sentono subito se c’è unità tra quanto il maestro dice e quanto fa, noi molto meno! Hanno la nostalgia che il maestro abbia competenza non solo sociale ma di se stesso. Se egli insegna per es. geografia, quello che resta nei ragazzi è l’individuo maestro di geografia. E ciò li aiuta ad interessarsi alla geografia.
Dobbiamo diventare dei rivoluzionari ma nell’interiorità; nel XX sec. ci sono state tante rivoluzioni ma solo esteriori, tranne quella di Gandhi – e questo implica un lavoro meditativo. Ci sono due estremi: se un maestro parla molto, troppo, il ragazzo diventa pallido. Oppure l’inverso: ho conosciuto un maestro in Norvegia che faceva scuola senza banchi e sedie, tre classi insieme dalla I alla III, li faceva saltare, danzare, i bambini avevano le guance molto rosse! Dunque poca osservazione e studio e questo è l’altro estremo. Occorre trovare un equilibrio tra di essi.
Rudolf Steiner ci dice che il bambino guarda la forma con gli occhi, con la testa. La comprensione di essa passa per il sistema mediano e il ricordare avviene attraverso il sistema metabolico. In francese si dice: “l’abbiamo ben digerito!”. Diversamente avviene per la musica: la percezione musicale non avviene solo nell’orecchio, ma con tutto l’essere umano che poi sfocia nell’orecchio, non con la testa. 15 giorni fa c’è stata a Zurigo una parata a cui ha partecipato un milione di persone. I bassi della musica erano talmente forti che li si sentivano nella pancia. La musica ha affinità con la volontà. Ma è compresa nel sistema mediano che tramite il liquido cefalorachidiano è in comunicazione con il cervello.
Diverso ancora è il linguaggio: ovviamente esso ha in sé un elemento musicale, ma con la laringe io dò forma e colori a quanto dico. Quindi il linguaggio umano è tra il visuale puro e il musicale puro, vive nelle vocali e nelle consonanti… Nel momento in cui il maestro comincia a meditare su queste cose, e a sperimentarle su se stesso, acquista una certa competenza di sé. Ci riflette e come per cristallizzazione ne vengono frutti per la sua vita professionale di maestro. È importante fare queste meditazioni: bastano 5 minuti al giorno ma vanno fatte con regolarità. Ne viene una capacità intuitiva, arrivano intuizioni pedagogiche che corrispondono ai bisogni di qualcuno degli scolari. E già in VIII ogni ragazzo ha un percorso suo proprio, diverso da quello degli altri.
Fino al secolo XIX ci furono personalità come Pestalozzi che avevano intuizioni pedagogiche, istintive, naturali. Ora tutto ciò è finito, il mondo spirituale tace — ciò fu necessario per consentire la libertà umana. Ora le intuizioni le dobbiamo cercare noi stessi, deliberatamente. Solo diventando attivi veniamo incontro ai bisogni dei nostri allievi. Così Rudolf Steiner solo l’ultimo giorno trovò le giuste intuizioni per rispondere alle domande inespresse che quei giovani nel 1923 gli avevano posto.
Oggi nell’anima di ogni giovane c’è un campo di battaglia, tutti gli adolescenti portano un dramma entro di sé. L’uomo d’oggi nel suo io si trova a dover scegliere tra venire incontro a Michele e sviluppare un pensiero vivente o sprofondarsi in quello morto, quello del drago. Compito della Scuola Waldorf è preparare il ragazzo ad affrontare questo lavoro futuro.
Ma è anche importante notare che senza il drago non c’è Michele. Per educare gli adolescenti dobbiamo vivere con loro, vivere nel mondo, confrontarci con l’ambiente e con il suo materialismo, partecipare alla vita culturale del presente. Talvolta si incontrano posizioni molto conservatrici. Alcuni anni fa l’opposizione al computer era totale. Oggi è diverso del resto il PC fa parte della vita di oggi. Ci si deve domandare come lavorare in modo pedagogico con i computer. E qui occorre una seria riflessione. Come integrare questa tecnica nella nostra pedagogia? In Finlandia alcune scuole introducono il PC in VII classe, ma altre Scuole Waldorf preferiscono aspettare in IX. In ogni caso sarebbe da irresponsabili dire che il computer non abbia nulla a che fare con la Scuola Waldorf.

Ho notato che nei giovani c’è quasi una brama di fare l’esperienza della scienza materialista. Cosa possiamo fare affinché essi non rimangano catturati da essa ma sviluppino un pensiero vivente?

Da una decina di anni dò corsi di pedagogia nelle scuole statali, gli insegnanti mi chiedono di parlare del modo nostro di vedere la scienza. Allora io presento la “Teoria dei colori” di Goethe il che suscita sempre grandi entusiasmi. Colpisce soprattutto l’impostazione di fondo basata sulla polarità tra luce e tenebra.
Ma in una XII classe l’accoglienza può non essere così positiva e può essere importante che venga presentata sia la teoria di Goethe che quella di Newton. Dal loro punto di vista tutti e due hanno ragione, ma entrambi hanno fatto errori di osservazione. Ritengo che la “teoria dei colori” di Goethe non sia finita. Rudolf Steiner disse che se avesse avuto tempo l’avrebbe portata avanti.
Comunque è molto importante che ci si concentri sull’ osservazione dei fenomeni, per esempio dei fenomeni luminosi e poi si lasci aperto il problema teorico. Tutto l’opposto avviene con Internet. Qui fenomeni non ce ne sono, ma notizie di tutti i tipi la cui corrispondenza alla verità è incontrollabile. In una XII classe dobbiamo aiutare i ragazzi a giungere ad una conoscenza veramente fondata. E qui è essenziale potersi accostare direttamente al fenomeno. Più facciamo fenomenologia più si svilupperà in loro il senso della verità, lo spirito critico.

NOTE

1. Rudolf Steiner, Forze spirituale attive tra vecchia e uova generazione. Editrice Antroposofica, Milano 1964.
2. Rudolf Steiner, Nervosità, fenomeno del nostro tempo. Editrice Antroposofica, Milano 1976. La conferenza ha in tedesco il significativo titolo: “Nervosität und Ichheit”.
3. Rudolf Steiner, Educazione pratica dei pensiero, Editrice Antroposofica Milano 1978

* Robert Thomas è attivo da 25 anni alla scuola di Zurigo dove insegna storia, storia dell’arte e religione. Inoltre insegna in vari seminari di formazione insegnanti, è segretario del Coordinamento Scuole Svizzere, cura i rapporti con i mezzi di informazione, con le istituzioni di politica scolastica e coordina il lavoro sulla qualità, molto attivo in Svizzera, membro della Sezione di Pedagogia presso il Goetheanum.