Gioco e giocattolo nei primi anni

Luciana Liccione Pederiva

Sappiamo guardare il bambino? O avendone un certo timore proiettiamo su di lui il nostro mondo di adulti?
Che cosa cambia tra un neonato che giace in culla e sembra non avere una spina dorsale e un essere di qualche mese più vecchio che barcollando ci viene incontro quando torniamo a casa? E che non parla ancora molto ma fa comprendere quello che prova con sorrisi e pianti?
Nei primi tre anni di vita il bambino compie vistose trasformazioni ma altre ne seguono con ritmi più lunghi.
Il giocattolo dovrebbe essere un compagno di gioco del bambino, ma cosa dargli quando egli stesso è morbido, senza forme rigide e dure?
Guardiamo ancora: come risponde il bambino all’oggetto porto con amore? Ma il giocattolo è un oggetto? O ciò che stimola il bambino a crescere è l’affetto di chi lo ha costruito per lui? Il giocattolo creato dalle mani di un altro essere umano trasmette al bambino elementi che il giocattolo uscito dalla fabbrica non ha.
E la fantasia? Cosa può fare un bambino con un giocattolo completamente finito con uno scopo del tutto determinato? Certo la sua fantasia può riuscire ad usarlo con un senso improprio ma un pezzo di legno o un batuffolo di lana non è più adeguato alla volontà di trasformazione del bambino, non accompagna più duttilmente il suo impulso al gioco?
Davanti al bambino piccolo così plasmabile, così pieno di aspettativa, così indifeso, dovrebbero nascere un grande senso di responsabilità nel creare l’ambiente intorno a lui, e tante domande. La gioia di scoprire il mondo, la curiosità, l’interesse, la facilità di imparare cose nuove, come vanno trattare? Dobbiamo sfruttare la fiducia che il bambino ci porta incontro per insegnargli subito qualcosa? Per accostarlo subito al nostro mondo di adulti?

Proviamo ad osservare più attentamente come procede il bambino, come tutto in lui è movimento e come solo gradualmente egli si pone in una situazione di quiete e anche quando è tranquillo tutto ancora si muove in lui. Guardiamolo quando gioca in riva al mare e vuole costruire un castello di sabbia: come questo materiale si lascia completamente formare e trasformare e combinare con acqua in diverse gradazioni di densità! Prendiamo ora in mano dei cubi di legno o dei piccoli pezzi di plastica che si combinano insieme solo secondo certe regole e sentiamo noi stessi come l’azione dei due materiali sia completamente diversa e scegliamo quello che più è consono all’intima necessità di plasmare del bambino. O ancora, a cosa possiamo paragonare l’impegno nel gioco del bambino? Come forma? Come sceglie quello che crea? Non è davanti al suo mondo come un pittore davanti al suo quadro? Non crea forse come l’artista, spinto da un’intima necessità? Non abbiamo dei doveri verso questa libera creatività? Siamo sicuri che vada al più presto incanalata in regole logiche, in moduli, in schemi?
Lasciamo che il bambino inventi il suo gioco.

Forniamogli occasioni di vedere persone attive in un lavoro ed egli vorrà imitare il gioco e qualunque cosa andrà bene come barca o nave o casa. Bastano dei teli di stoffa e delle mollette da bucato per costruire qualsiasi tipo di edificio o di mezzo di trasporto. Nel gioco si specchiano i rapporti che il bambino ha con se stesso, con gli altri, con il mondo e una certa gradualità di ciò che incontra è fondamentale perché la vita del bambino risulti armonica. Egli vuole diventare uomo e quindi tutti i suoi primi incontri è bene che abbiano come primo punto di riferimento l’uomo stesso: quindi il gioco con gli adulti precede quello con il giocattolo, e la bambola, immagine dell’uomo, precede l’animale e questo precede l’utensile e la macchina. E così anche nei materiali la lana e la seta precedono il cotone e questo precede il legno e il metallo. Cerchiamo cioè di accompagnare il bambino dal cosmo verso la terra partendo da elementi morbidi e caldi verso elementi duri e più freddi.

Le prime impressioni hanno una grande importanza per un sano sviluppo delle facoltà umane ed è importante che il bambino possa avere percezioni di qualità di materiali diversi ma naturali, cioè trattati dalla natura e poco manipolati, che conservano quindi un certo elemento di calore.

Per una sana educazione del bambino possiamo considerare anche un altro aspetto che, malgrado l’evoluzione dei tempi, rimane spesso come grosso limite nella formazione dell’essere umano e cioè quello di una distinzione eccessivamente precoce tra uomo e donna. Gli aspetti umano-morali dell’uomo non sono sottoposti a questa distinzione: la bontà, il coraggio, la pazienza, l’audacia, la perseveranza, la compassione sono qualità umane in senso generale.

Nel gioco esse trovano modo di manifestarsi nelle forme più svariate. Lasciamo dunque che il bambino sperimenti e viva questa qualità senza limitare le sue esperienze ed ambiti troppo ristretti o con ruoli troppo determinati che si rifanno inesorabilmente a stereotipi di dubbio valore educativo. Lasciamo che i bambini cullino amorevolmente una bambola e che le bimbe scalino montagne e guidino navi. Evitiamo piuttosto l’aggressività, la violenza e la civetteria che esaltano gli aspetti dell’uomo lontani dalla vera dignità umana.