Sull’educazione

di Albert Einstein (1936) da “PENSIERI DEGLI ANNI DIFFICLI”

Una delle personalità che maggiormente ha determinato lo sviluppo della scienza del ventesimo secolo esprime alcuni pensieri sull’educazione. In questo scritto rileviamo una sorprendente affinità con la nostra pedagogia:

l’amore è l’unica motivazione valida allo studio

l’insegnante è un artista, nel suo ambito, e deve avere la più ampia libertà di intervento

la scuola dovrebbe aiutare i ragazzi a crescere armoniosamente, rivolgendosi a tutte le facoltà dell’anima, e non indirizzarli prematuramente in un percorso specialistico.

Una data celebrativa è generalmente in primo luogo dedicata a un esame retrospettivo, specialmente a ricordare dei personaggi che si sono guadagnati un merito speciale nello sviluppo della vita culturale. Ed in effetti questo ricordo amichevole dei nostri predecessori non deve essere trascurato, specialmente perché tale ricordo degli uomini migliori del passato è adatto a stimolare a uno sforzo coraggioso gli animi ben intenzionati di oggi. Ma ciò dovrebbe essere fatto da qualcuno che, fin dalla sua giovinezza, sia vissuto in questo Paese e sia familiare con il suo passato, e non da chi, come uno zingaro, ha vagato per il mondo e ha raccolto le proprie esperienze in paesi tanto diversi l’uno dall’altro.

Così, non mi rimane altra possibilità che parlare di questioni che, indipendentemente dai luoghi e dai tempi, sono sempre state connesse con i problemi dell’educazione. In questo tentativo non posso certo affermare di essere un’autorità, anche perché uomini intelligenti e saggi hanno in ogni tempo trattato dei problemi educativi e con chiarezza espresso le loro vedute intorno a questi problemi. Da quale fonte trarrò il coraggio io, quasi profano nel campo della pedagogia, per esporre opinioni basate sul solo fondamento dell’esperienza e della convinzione personale? Se si trattasse veramente di una materia scientifica, dopo tali considerazioni si sarebbe probabilmente tentanti di restarsene zitti.

Tuttavia, quando si tratta dell’azione di esseri umani, le cose stanno diversamente. Qui la conoscenza della verità da sola non basta; al contrario, questa conoscenza deve continuamente rinnovarsi con uno sforzo senza tregua, per non andare perduta. E’ come una statua di marmo che si erge nel deserto ed è sotto la continua minaccia di venir seppellita dalla sabbia. Gli operai di servizio debbono essere sempre al lavoro, perché la statua possa duraturamente risplendere al sole. A questi operai apparterrò anch’io.

La scuola ha sempre costituito il mezzo più importante per tramandare i valori della tradizione da una generazione all’altra. Ciò è vero oggi anche più che nel passato poiché la famiglia è stata sminuita come portatrice della tradizione e dell’educazione dal moderno sviluppo della vita economica. La continuità e la salvezza della società umana dipendono perciò dalla scuola in misura ancora maggiore che nel passato.

A volte si vede nella scuola semplicemente lo strumento per tramandare una certa quantità massima di conoscenza alla generazione che sta formandosi. Ma questo non è esatto. La conoscenza è cosa morta; la scuola, invece, serve a vivere. Essa dovrebbe sviluppare nei giovani quelle qualità e quelle capacità che rappresentano un valore per il benessere della comunità. Ma ciò non significa che l’individualità debba essere distrutta e che l’individuo debba diventare un semplice strumento della comunità, come un’ape o una formica. Una comunità di individui tutti eguali, senza originalità e senza mete personali sarebbe una povera comunità senza possibilità di sviluppo. Al contrario, l’obiettivo deve essere l’educazione di individui che agiscono e pensino indipendentemente, i quali, tuttavia, vedano nel servizio della comunità il loro più alto problema di vita. Per quanto posso giudicare, il tipo di scuola inglese si avvicina maggiormente alla realtà di questo ideale.

Ma attraverso quali vie tenterà di raggiungere questo ideale?

Si dovrà forse tentare di raggiungere questa meta attraverso il moralismo? No, affatto. Le parole sono e restano un suono vacuo, e la strada della perdizione è sempre stata caratterizzata dal rispetto non sentito per un ideale. Le personalità non vengono formate da ciò che sentono o vedono, ma dal lavoro e dall’attività.

Il più importante metodo di educazione, di conseguenza, è sempre stato quello dal quale l’allievo veniva spinto ad agire realmente. Ciò vale sia per i primi tentativi di scrivere del bambino, nelle scuole elementari, sia per la tesi di dottorato, dopo la laurea universitaria, sia per il semplice processo di mandare a memoria una poesia, sia per la stesura di una composizione, per l’interpretazione e la traduzione di un testo, per la risoluzione di un problema matematico o la pratica di uno sport fisico.

Ma dietro ogni conquista esiste la motivazione che ne è il fondamento e che a sua volta è rafforzata e rinvigorita dal compimento dell’impresa. Qui possono manifestarsi (il che è della massima importanza per il valore educativo della scuola) le più diverse condizioni. Lo stesso lavoro può essere motivato dalla paura e dalla costrizione, dal desiderio ambizioso di autorità o di distinzione, oppure da un amorevole interesse per l’oggetto e dal desiderio di verità e di comprensione, e così pure da quella divina curiosità che ogni bambino sano possiede, ma che tanto spesso viene precocemente soffocata. L’influenza educativa esercitata sull’allievo da uno stesso lavoro può essere estremamente varia, in dipendenza dall’esservi all’origine di tale lavoro la paura di un’offesa, la passione egoistica oppure il desiderio di piacere e di soddisfazione. Così pure nessuno sosterrà che la direzione della scuola e l’atteggiamento degli insegnati non abbia una influenza sulla formazione delle basi psicologiche degli allievi.

A me la cosa peggiore in una scuola sembra l’uso di metodi basati sulla paura, sulla forza e sull’autorità artificiosa. Un tale trattamento distrugge i sentimenti sani, la sincerità e la fiducia in sé stesso dell’allievo. Produce dei soggetti sottomessi. Non c’è da meravigliarsi che tali scuole siano la regola in Germania e in Russia. So che le scuole di questo paese non sono colpite da questo gravissimo male; ciò è vero anche in Svizzera e probabilmente in tutti i paesi governati democraticamente. E’ relativamente semplice tenere la scuola lontana da questo gravissimo male. Date all’insegnate il minore numero possibile di mezzi coercitivi, così che l’unica fonte di rispetto da parte dell’allievo sia costituita dalle qualità umane e intellettuali dell’insegnate stesso.

Il secondo motivo che abbiamo nominato, l’ambizione o, in termini più blandi, l’aspirazione al riconoscimento e alla considerazione, è fortemente radicato nella natura umana. Senza la presenza di uno stimolo mentale in questo tipo, la collaborazione umana sarebbe interamente impossibile; il desiderio di approvazione da parte dei propri simili è certamente uno dei legami più importanti della società. In questo complesso di sentimenti, le forze costruttive e distruttive sono legate tra loro molto strettamente. Il desiderio di essere approvati e stimati è un motivo sano; ma il desiderio di essere stimati migliori, più forti o più intelligenti del proprio collega o del proprio compagno conduce facilmente a un adattamento psicologico eccessivamente egoistico, che può diventare dannoso per l’individuo e per la comunità.

Perciò la scuola e l’insegnante devono guardarsi dall’impiegare la facile soluzione consistente nel provocare l’ambizione individuale, al fine di indurre gli allievi a un lavoro diligente.

La teoria di Darwin della lotta per l’esistenza e il principio della selezione che le è connesso sono stati citati da molti come un’autorizzazione ad incoraggiare lo spirito di competizione. Certuni in questo modo hanno anche tentato di dare una dimostrazione pseudoscientifica della necessità della lotta economica distruttrice nella competizione fra gli individui. Ma ciò è sbagliato, perché l’uomo deve la propria forza nella lotta per l’esistenza al fatto che è un animale sociale. Come poco essenziale alla sopravvivenza di un formicaio è una battaglia fra le singole formiche, così poco essenziale è in questo caso la lotta fra i singoli membri di una comunità.

Perciò ci si dovrebbe guardare dal predicare ai giovani il successo, inteso nel senso comune, come uno scopo della vita. Infatti un uomo di successo è quello che riceve una grande quantità di cose dai suoi simili, in genere incomparabilmente più di quanto corrisponda al servizio da lui prestato. Il valore di un uomo, tuttavia, dovrebbe essere posto in ciò che egli dà e non in ciò che egli può ricevere.

La motivazione più importante per il lavoro, nella scuola e nella vita, è il piacere del lavoro, piacere che si prova di fronte al suo risultato e alla consapevolezza del suo valore per la comunità. Nel risveglio e nel rafforzamento di queste forze psicologiche nel giovane io vedo il compito più importante della scuola. Un tale fondamento psicologico da solo conduce a un sereno desiderio delle più alte conquiste umane: la conoscenza e la capacità artistica.

Risvegliare queste capacità psicologiche produttive è certamente meno facile che usare la forza o risvegliare l’ambizione individuale, ma ha più valore. Il punto importante è sviluppare l’inclinazione infantile per il giuoco e il desiderio infantile di stima e guidare il fanciullo nei campi che sono fondamentali per la società; è questa l’educazione sostanzialmente fondata sul desiderio di un’ attività di successo e sul riconoscimento. Se la scuola riesce a operare con successo su queste vie, sarà altamente apprezzata dalla generazione che sorge e i compiti assegnati dalla scuola verranno accolti come una specie di premio. Ho conosciuto dei bambini che preferivano la scuola alle vacanze.

Una tale scuola esige che l’insegnante sia una specie di artista nel suo campo. Che cosa si può fare perché un tale spirito si diffonda nella scuola? Non vi è un rimedio universale come non ce n’è uno per l’individuo affinché resti sempre in salute. Vi sono però certe condizioni necessarie che si possono realizzare. In primo luogo, gli insegnati dovrebbero essere educati in tali scuole. In secondo luogo, l’insegnate dovrebbero ricevere un’ampia libertà nella scelta del materiale da insegnare e dei metodi di insegnamento da impiegare. Infatti è vero anche per lui che il piacere di organizzare il proprio lavoro è ucciso dalle violenze e dalle pressioni esterne.

Se avete seguito attentamente le mie riflessioni fino a questo punto, vi meraviglierete probabilmente di una cosa. Ho parlato ampiamente dello spirito nel quale, secondo me, la gioventù dovrebbe essere educata. Ma non ho ancora detto nulla sulla scelta degli argomenti di insegnamento, né sul metodo di insegnamento. Dovrebbe predominare la letteratura o l’educazione tecnica e scientifica?

Risponderò così: secondo me tutto ciò è di secondaria importanza. Se un giovane ha allenato i propri muscoli e la propria resistenza fisica con la ginnastica e con le passeggiate, egli sarà adatto più tardi a ogni lavoro fisico. Ciò è anche vero per l’allenamento della mente e per l’esercizio dell’abilità mentale e manuale. Così, non sbagliò quella persona spiritosa che definì l’educazione con queste parole: “ L’educazione è ciò che rimane dopo che si è dimenticato quanto si è imparato a scuola”. Per questo motivo non sono affatto ansioso di prendere posizione nella lotta fra i seguaci dell’educazione classica, filologica e storica e quelli dell’educazione più attenta alle scienze naturali.

D’altra parte intendo respingere l’idea che la scuola debba insegnare direttamente quelle conoscenze specializzate e quelle cognizioni che si dovranno usare poi direttamente nella vita. Le esigenze della vita sono troppo molteplici perché appaia possibile un tale insegnamento specializzato nella scuola. A parte ciò, mi sembra poi discutibile trattare gli individui come degli strumenti senza vita. La scuola dovrebbe sempre avere come suo fine che i giovani ne escano con personalità armoniose, non ridotti a specialisti. Questo, secondo me, è vero in certa misura anche per le scuole tecniche, i cui studenti si dedicheranno a una ben determinata professione. Lo sviluppo dell’attitudine generale a pensare e giudicare indipendentemente, dovrebbe sempre essere al primo posto, e non l’acquisizione di conoscenze specializzate.

Se una persona è padrona dei principi fondamentali del proprio settore e ha imparato a pensare e a lavorare indipendentemente, troverà sicuramente la propria strada e inoltre sarà in grado di adattarsi al progresso e ai mutamenti più di una persona la cui istruzione consiste principalmente nell’acquisizione di una conoscenza particolareggiata.

Desidero sottolineare ancora una volta, terminando, che ciò che è stato detto qui in forma in certo qual modo categorica non ha la pretesa di voler essere nulla più dell’opinione personale di un uomo, basata soltanto sulla propria personale esperienza, di studente e di insegnante.

Fu uomo di compiuta bontà, affabile e aperto. Provò per gli uomini un profondo senso di solidarietà, nelle speranze e nei timori.

Odiava la guerra, gli istinti primitivi che la scatenano, la degradazione e la sofferenza che apporta. Per un tragico destino una sua idea aprì la strada alla più spaventosa arma di tutti i tempi. La sua visione innocente si trasformò in un incubo. Fu sprezzante dei dogmi e di ogni autorità precostituita. Intraprese i suoi studi guidato dal desiderio di comprendere: non solo di decifrare la realtà fisica, ma anche di attingere il significato più profondo della posizione dell’uomo nei confronti della natura e dell’uomo. Considerò la scienza come scoperta e liberazione. Fu un coraggioso. Apprezzava solo la verità. Non esitò mai a parlare in difesa degli “eretici” e di tutti coloro che in questo nostro tempo disgraziato sono stati perseguitati per il loro spirito di indipendenza. I valori della scienza e quelli etici furono parimenti cari. La scienza gli apparve animata sempre dai valori di un’umanità civile: amore della verità per sé stessa, rispetto per il disaccordo, indipendenza e libertà d’espressione.

Se i valori in cui credette fossero meno calpestati, l’umanità potrebbe guardare verso un futuro più luminoso.