Epoca di zoologia in quarta classe: un’esperienza

di Eliana Miori – giugno 2007

 

Introduzione

Sono una maestra di classe quinta presso la scuola “Rudolf Steiner” di Trento, e l’anno scorso in quarta ho affrontato per la prima volta l’epoca di zoologia.

È stata per me una scoperta riscontrare nell’Uomo la sintesi delle unilateralità che si trovano nel regno animale e, sono rimasta colpita, in particolar modo, dalla differenza principale che c’è tra l’uomo e l’animale: la libertà delle mani dalle necessità del corpo. E’ stata una presa di coscienza su cui prima non avevo mai portato la mia attenzione. Oggi osservo l’uomo e l’animale con occhi nuovi, perché sento una comunione tra ”essere animici” che è bene espressa nella bella poesia “La lavanda dei piedi” di Christian Morgenstern.

Die Fusswaschung von Christian Morgenstern

Ich danke dir, du stummer Stein,

und neige mich zu dir hernieder:

Ich schulde dir mein Pfanzensein.

Ich danke euch, ihr Grund und Flor,

und buecke mich zu euch hernieder:

Ihr halft zum Tiere mir empor.

Ich danke euch, Stein, Kraut und Tier,

und beuge mich zu euch hernieder:

Ihr halft mir alle drei zu mir

Wir danken dir, du Menschenkind,

und lassen from uns von dir nieder:

weil dadurch, dass du bist, wir sind.

Es dankt aus aller Gottheit Ein(heit)

und aller Gottheit Vielfalt wieder.

In Dank verschlingt sich alles Sein.

 

La lavanda dei piedi di Christian Morgenstern

Io dico grazie a te, pietra silenziosa

e m’inchino davanti a te:

a te io devo il mio essere pianta.

Io dico grazie a voi terra e piante,

e mi chino davanti a voi:

voi mi aiutaste ad erigermi nel mio essere animale.

Io dico grazie a voi, pietra, erba e animale,

e mi inchino davanti a voi:

voi tutte mi aiutaste a divenire me stesso.

Noi ti ringraziamo, o figlio d’uomo

e ci abbassiamo devotamente davanti a te:

perché per il fatto che tu sei, noi esistiamo.

Un grazie viene dall’unità di tutta la divinità

e ancora dalla molteplicità della divinità

nel ringraziare s’intreccia tutto l’essere.

 

 

Questa esperienza mi ha dato molto entusiasmo che mi ha portato a preparare questa tesina.

Partendo dall’osservazione del momento evolutivo del bambino di dieci anni, ho illustrato lo svolgersi dell’epoca, riportando il contenuto del “quadernone”; ho aggiunto una documentazione fotografica di esperienze artistiche legate all’argomento e ho infine completato con alcune osservazioni conclusive.

Zoologia in quarta classe: perché?

Scopo del piano di studi della pedagogia Waldorf dato da Rudolf Steiner è quello di fornire al bambino, in ogni fase della sua vita, ciò che è alimento per il suo sviluppo interiore.

Per rispondere alla domanda nel titolo dobbiamo allora guardare al momento evolutivo del bambino da un lato e alla qualità della materia dall’altro.

Fino all’età di nove anni il bambino non distingue chiaramente tra la sua vita interiore e il mondo esterno, sente gli animali come fratelli e sorelle. Essi gli parlano e agiscono come esseri umani; i vari tipi sono caratterizzati anche nelle fiabe e nelle favole che gli sono state raccontate nei primi anni di scuola. Con il cosiddetto “passaggio del Rubicone” (a circa nove anni e mezzo) avviene, per il bambino, una separazione tra sé e il mondo ed inizia a volerlo conoscere, ma mantiene un collegamento istintivo con il mondo animale.

L’uomo appartiene ai regni della natura e tuttavia li trascende.

Egli però non è pronto a una comprensione intellettuale, ma a una “comprensione senziente”. Ha bisogno di contenuti che possano essere afferrati dalla vita del sentimento; in altre parole, l’insegnante deve dare descrizioni vivaci e immaginative e caratterizzazioni che destino l’interesse, l’entusiasmo e gli permettano in seguito di ricordare, proprio grazie ai sentimenti provati, quanto vissuto in classe.

Le spiegazioni scientifiche e i dettagli sono al posto giusto nelle scuole superiori, dall’età di 16 anni in poi; l’impartire conoscenze strettamente scientifiche non è ancora il nostro compito.

Parlando degli animali il maestro mostra una parte di mondo che il bambino sente vicina a sé e con la quale può percepire un collegamento (è proprio un “sentire”, non ancora una relazione di pensiero). Per questo si introduce l’argomento portando l’attenzione anzitutto sull’ Uomo.

Egli è la confluenza armonica o la sintesi di tutte le diverse caratteristiche animiche degli animali.

Non è maestoso come il leone, ma ha qualcosa di maestoso, non è crudele come la tigre, ma ha un po’ di crudeltà, non è paziente come la pecora, ma ha anche un po’ di pazienza, non è cocciuto e paziente come l’asino, ma ha in sé un po’ di tutto questo (chi più, chi meno)… Considerando bene il fenomeno si può dire che l’uomo ha in sé la natura di leone, di pecora, di tigre e d’asino; ha in sé di tutto però armonizzato, ogni qualità non predomina sulle altre.

Un animale ha un organo di senso portato all’estremo; un altro ha un fiuto speciale, un altro ancora quando è nell’aria acuisce specialmente la vista. Osservando il mondo animale nel suo complesso, anche da un punto di vista “fisico”, troviamo distribuito e “specializzato” ciò che è presente in potenza nell’uomo; se studiamo il leone troviamo che specialmente il cuore, gli arti e i denti sono sviluppati, nella mucca vediamo questo negli organi della digestione, così nell’aquila la qualità della vista è l’elemento caratterizzante; le zampe della giraffa le permettono di raggiungere le foglie degli alti alberi, il lungo naso del cane gli dona un fiuto eccezionale.

L’intero regno animale, intrinsecamente sintetizzato, “forma” l’uomo. Mostrando ai bambini gli animali nella loro relazione con l’uomo viene ricostruito il ponte tra loro e il mondo, favorita la comprensione dello stesso, e, non per ultimo, anche una certa conoscenza di se stesso.

“L’uomo è al centro della creazione e tutto dovrebbe essere insegnato in relazione ad esso. Infatti il mondo animale può essere compreso solo in relazione all’uomo. Nel mondo c’è un intessersi di tutte le cose (una interdipendenza) e quando il bambino se ne rende conto egli acquista fiducia e sviluppa un sentimento sociale. Può comprendere il mondo e trovare in esso il suo posto, allora egli sa anche che ha delle responsabilità. Se riesce a vedere che deve la sua umanità al mondo animale, egli è in grado di sviluppare sentimenti di devozione e gratitudine; se può rendersi conto che la natura umana è in grado di superare la natura animale, nasce in lui un sentimento istintivo per la moralità e questo significa un rafforzamento istintivo delle forze della volontà” (R. Wilkinson).

Infatti contrariamente all’idea darwiniana dell’uomo come prodotto finale dell’evoluzione animale, Steiner considera gli animali come un momento di sviluppo anticipato sul piano fisico, appartenente però all’evoluzione dell’essere umano. L’uomo non è il risultato finale dell’evoluzione animale, ma sta al principio di essa e ne costituisce il centro, in verità egli ne è la causa. L’uomo era coinvolto fin dall’inizio ma non in forma fisica. Egli esisteva spiritualmente e le forme animali rappresentano forze animiche fisicamente incarnate.

“Come nella vita cerchiamo di superare le passioni più basse per evolverci verso qualcosa di più alto, così attraverso l’evoluzione le passioni furono separate dall’uomo e incarnate come animali. Il mondo animale rappresenta quindi qualità animiche che l’essere umano ha eliminato nonostante ne conservi ancora dei residui, prima di aver raggiunto quel grado di maturazione sufficiente che avrebbe permesso al corpo fisico di accogliere l’Io” (R. Wilkinson).

Anche la nostra lingua ci testimonia tutto questo nelle espressioni correnti: testardo come un mulo, forte come un bue, lento come una lumaca, furbo come una volpe, cuor di leone, ingozzarsi come un lupo etc.

Mi sembra di poter dire che in quanto esposto è possibile trovare una risposta alla domanda iniziale: abbiamo davanti un bambino “ curioso”, che ha però ancora “un pensare” immaginativo, e gli offriamo uno sguardo sintetico al regno a lui vicino, che è quello animale.

 

Contenuto dell’epoca

Ogni mattina nella parte ritmica recitavamo insieme:

 

“Flessuoso il tronco,

come mezza luna,

che chiara appare nel ciel che s’imbruna,

saldo sorregge il capo che riposa

e sa far risuonare in sé ogni cosa.

Dalle lontane stelle palpitanti

scendono come raggi irradianti

le agili membra pronte ad operare

perché l’Uomo possa agire e camminare.” (R. Steiner)

 

I sensi

“Gli occhi son dati all’uomo per vedere

la luce del gran mondo e i suoi colori;

le orecchie perché egli possa udire

la musica, le voci ed i rumori.

Il naso scopre arguto ogni profumo,

di fiori e frutti i più svariati odori.

La bocca, con la lingua, perchè possa

distinguer dolci, amari, aspri sapori.

Grazie all’olfatto e al gusto

mediante vista e udito,

il mondo conosciamo

che è bello ed infinito;

ma un eco dentro al cuore

sentiamo risuonare

di gioia e di dolore

per tutto ciò che amiamo.

Se l’aria fresca e pura ci porta nuova vita

corre gioioso il sangue e all’allegria ci invita!

Si gonfiano i polmoni, tutto divien giocondo

e con le mani tese andiam incontro al mondo!”

(anonimo da materiale Waldorf)

 

Le mie mani

“Coi piedi posso correre e saltare,

oppure camminare e passeggiare,

se voglio posso anche scivolare;

coi piedi posso andare, andare, andare…

Se poi sui miei piedi voglio sostare

quante cose le mie mani possono fare!

Sì, con esse io voglio proprio agire

e fare tante cose a non finire.

Le mie mani san cucire,

san dipingere e scolpire,

sanno prendere e donare,

sanno rompere e aggiustare,

san sporcare e costruire,

san ferire e accarezzare,

sanno chiedere e implorare,

san sorreggere e punire,

san cullare e san guarire,

consolare e pur negare

e ben giunte san pregare.

se le mani voglio usare

quante cose posso fare!

Devo subito iniziare!”

(anonimo da materiale Waldorf)

 

L’epoca aveva inizio con il recitare:

 

“Tesse in cuore il sentimento

Il pensiero nel capo riluce

Si rafforza negli arti il volere.

Tessente luce,

possente trama,

lucente forza: ecco l’Uomo!” (R. Steiner)

 

 

Come indicato da R. Steiner nel libro di Didattica, abbiamo iniziato guardando all’uomo, e sul quaderno abbiamo poi scritto quanto segue.

 

L’Uomo

Osservando il corpo dell’uomo nella sua forma esteriore, abbiamo riconosciuto tre parti principali. Il capo il tronco e le membra.

Tutte lavorano insieme ed in equilibrio perché ognuna ha bisogno delle altre.

 

Il capo

Il capo ha forma tondeggiante, come il sole, e poggia sul tronco per mezzo del collo.

Con esso percepiamo le cose che sono nel mondo attraverso gli occhi, con i quali vediamo forme e colori, le orecchie per sentire suoni e rumori, il naso per percepire i profumi ma anche odori sgradevoli e la bocca per gustare e assaporare i cibi, distinguendo il dolce, l’amaro, il salato, l’insipido, l’aspro, l’acido, il piccante…

Attraverso queste porticine e la pelle, l’uomo può conoscere ciò che lo circonda.

Il capo è posato come un re sul trono, servito e riverito e portato in giro; poggia comodamente sulle nostre spalle e afferra tutte le informazioni possibili su ciò che lo circonda. All’interno del capo si rispecchiano i pensieri che illuminano la nostra mente, come il sole rischiara il mondo.

 

Il tronco

Il tronco nella parte superiore racchiude in una specie di gabbia di ossa (gabbia toracica) il cuore e i polmoni, mentre la parte inferiore, che è più morbida, (la pancia) racchiude altri organi importanti: stomaco, fegato, pancreas, milza, intestino, reni… Attraverso il capo l’aria arriva ai polmoni e porta nuova vita al sangue e a tutto l’organismo. Invece il cibo passa dalla bocca dello stomaco e viene digerito e trasformato in modo da poter fornire energia a tutto il corpo.

L’attività degli organi del tronco è regolata da ritmi diversi che non possiamo comandare: il cuore batte senza mai stancarsi, il respiro si ripete ininterrottamente come le onde del mare sulla spiaggia.

Se però proviamo una forte emozione il cuore pulsa più forte e anche il ritmo del respiro cambia, si fa agitato, come il mare quando è mosso.

Affinché tutto sia sano nel tronco deve regnare l’armonia e la pace, come nell’universo tra stelle e pianeti.

Nel battito del cuore e nel respiro vivono i nostri sentimenti: gioia, amore, paura, tristezza…

Gli arti

Al contrario del capo i nostri arti sono sempre in movimento e sembrano raggi che ci portano nel mondo. In essi la parte dura è all’interno e quella tenera all’esterno.

I piedi e le gambe (i nostri arti inferiori) sono così ben formati da consentire all’uomo di mantenere la posizione eretta. Così le braccia e le mani (i nostri arti superiori) sono libere, non devono contribuire a portare il peso del corpo e possono lavorare ed agire nel mondo per fare molto per sé o per gli altri: impastare, cucire, disegnare, scrivere, abbracciare…

Le mani possono fare infinite cose, utili o dannose: questo dipende da noi, se vogliamo e sappiamo guidarle.

Tramite questa presentazione per me è stato possibile scegliere gli animali da portare.

Riflettendo sulla vita degli animali mi sono resa conto che a differenza di quella dell’uomo essa è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari; ed i loro arti sono legati allo spostamento nello spazio, sono “necessitati”.

Osservando la forma del loro corpo fisico, è però possibile cogliere come alcuni siano definibili “animali testa”, altri “animali tronco”, altri ancora “animali ricambio”.

Inoltre si può sentir “risuonare” le facoltà animiche dell’uomo anche negli animali: “pensiero” in relazione al sistema sensorio/nervoso, “sentimento” in relazione a,cuore e “volere” in relazione al ricambio.

Quale “animale testa”, nella forma, ho scelto la seppia.

Essa ha infatti tutto presente in un’unica sacca/testa, anche gli organi digestivi!

 

La seppia

Ho molte teste galleggianti

dai grandi occhi assai impressionanti;

con otto labbra spropositate,

due lingue bianchiccie ed allungate.

Han l’osso piatto sotto il mantello,

mutan colore proprio sul più bello,

se poi davvero son spaventate…

ecco col nero si son celate!

Con tutto il corpo senton le seppie

eppur non hanno né naso né orecchie!

 

Nelle silenziose profondità del mare, in un mondo pullulante di forme, di color e guizzi improvvisi, vive la seppia:

dai bui anfratti o fondi sabbiosi, oppure mimetizzandosi tra i sassi, essa osserva con i suoi grandi occhi; Sembra che dorma, ma è attentissima, con incredibile sveltezza può allungare uno dei suoi tentacoli e afferrare una preda.

Braccia e tentacoli sono per lei come i nostri occhi, orecchie e naso. La seppia ha forma ovale ed il suo scheletro è dato da un osso ovale e piatto che piace ai canarini.

Attorno alla bocca ha otto tentacoli tempestati di piccole ventose che servono per spostarsi, aggrapparsi e per aiutarsi a mangiare; ha anche due tentacoli più lunghi e fini, che servono per afferrare la preda. Quando vuole spostarsi può nuotare, dondolando le pinne situate lungo i fianchi della sua enorme testa; può girarsi, camminare sul fondo, nuotare all’indietro e quando si sente minacciata offusca l’acqua con un “inchiostro” nero in modo da confondere il nemico e scappare. Diventa color marrone, mentre normalmente ha sfumature che vanno dal rosa al violetto, al verdastro.

Anche l’aquila è stata presentata come “animale testa”, grazie al suo sguardo acuto.

 

L’aquila

Aquila, che nel ciel spieghi solenne il volo

a salutare il dì nascente;

fatte di luce sembran le tue penne

come il pensier che sorge nella mente.

Regale e solitaria sulle alture,

guardi la terra giù come straniera

non son per te le immense pianure

della luce e dell’aria tu sei fiera.

Ti culli nell’azzurro sconfinato,

spazi con l’occhio nell’immensità

e le aspre rupi dove hai nidificato,

sono un rifugio quando il sol tramonterà.

Col suo volo maestoso l’aquila si merita il titolo di “regina dei volatili”; essa sale incontro al sole con sicurezza nell’aria fresca fino a 5.000 m. di altitudine. Ha il capo eretto, gli occhi acuti e fieri, il becco forte come l’acciaio e gli artigli poderosi. Il suo grande corpo (circa 90 cm) è coperto di penne e piume color marrone ruggine; nell’aquila fulva, le piume del sottocoda e sotto le ali sono bianche e i “calzoni” bruni.

Negli esemplari più giovani le piume sono più chiare.

La sua apertura alare raggiunge 2,5 metri e le permette di librarsi nell’aria a volo planato sfruttando le correnti calde. Roteando tra le vette, piomba sulla preda fulminea a 150 km/h e il suo volo è così potente che riesce a sollevare animali di peso doppio del suo (agnelli, piccoli camosci, caprioli etc). Le sue prede preferite sono leprotti, marmotte, scoiattoli, donnole, martore eccetera, che riesce a individuare da centinaia di metri d’altezza grazie alla sua vista acutissima. Le sue zampe a quattro dita sono armate d’artigli, strumenti di morte istantanea quando afferrano la preda. Il maschio e la femmina vivono uniti per tutta la vita e insieme accudiscono amorevolmente i loro aquilotti, di solito uno o due al massimo. Essi costruiscono il loro nido con rami intrecciati, cortecce e cespugli presso precipizi, nelle nicchie della roccia tra i 2.700 e i 3.200 metri d’altezza.

Il topolino, che per forma riconosco come “animale tronco” è un essere sensibilissimo che ha il sistema percettivo/sensorio molto sottile.

Lo abbiamo osservato dal vivo in classe e abbiamo notato il suo continuo movimento di naso, baffi, zampette, segni di una instancabile attività percettiva. Per questo l’ho “ordinato” tra gli “animali testa”.

 

Il topo

Il topo ha un musetto appuntito e occhi assai brillanti,

grandi orecchie e lunghi baffi che per percepire sono molto importanti!

Il topo ha denti speciali che si rinnovano continuamente,

si apre una strada nelle porte ma anche nella muraglia più resistente

appartiene alla famiglia dei roditori

come i criceti, gli scoiattoli e i castori.

È veloce furbo e vorace, divora ogni provvista alimentare: ama mangiare cuoio, carta, grano e cortecce, persino rifiuti.

Il topo corre, nuota e sa stare sott’acqua.

Può spiccare grandi salti.

I suoi temuti nemici sono le poiane, i corvi, le donnole, i gatti, i cani, i gufi e le volpi.

Il topo è lungo 8-10 cm più altrettanti di coda. E’ coperto da un pelo soffice e vellutato, color grigio bruno e la sua coda porta numerosissimi anelli tipo squame. Ha ottimi sensi, in particolare l’olfatto e l’udito; spesso riesce a sfuggire alle insidie tese dall’uomo e divora qualsiasi tipo di provvista alimentare.

Ci sono varie specie: il topolino di casa, quello selvatico o ratto, il campagnolo, quello da risaia che fra tutti i roditori è il più piccolo ed aggraziato.

Abbiamo poi dato uno sguardo alla polarità opposta, cioè agli “animali ricambio”, cercando di conoscere la flemmatica mucca con il suo dono, frutto del lungo ruminare: il latte.

 

La mucca

Lenta rumina la mucca,

l’erba fresca ha brucato,

or riposa sopra il prato.

Sta compiendo un gran lavoro,

per donarci il suo tesoro!

Quando al chiuso tornerà,

il buon latte ci darà!

Guarda il cielo compiaciuta

E muggendo lo saluta.

La mucca ha un carattere docile e mansueto. Il suo corpo è massiccio e goffo: essa non è stata creata per correre veloce. Ha la testa grossa con due corna lucide e appuntite, all’interno cave. Ai lati delle corna troviamo due orecchie arrotondate; gli occhi sono molto distanti l’uno dall’altro, grandi e sognanti. Alle estremità del muso troviamo due narici perennemente umide. Il collo è corto e robusto e la pelle presenta una serie di pieghe. Il corpo è massiccio e spigoloso, raggiunge notevoli dimensioni fino a due metri di lunghezza e qualche quintale di peso. Il tronco termina con una lunga coda con un ciuffo di peli all’estremità,. Gli arti in rapporto alla robustezza del corpo, sono esili e poggiano sul terreno soltanto tramite due dita munite di zoccoli.

La maggior attività della mucca è mangiare, infatti per poter vivere deve ingerire 50-60 chilogrammi di erba o fieno al giorno. Il suo stomaco è differenziato in quattro “camere”: il rumine, il reticolo, l’omaso e l’abomaso. Quando la mucca strappa l’erba l’appallottola in bocca e la inghiotte senza masticarla; questa si accumula in un grosso sacco, il rumine, dove si ammorbidisce e si spappola. Quando l’animale si riposa, il cibo passa in un sacco più piccolo: il reticolo, dal quale viene rimandato in bocca.

Ora lavorano i suoi molari, che si riproducono continuamente, macinano finemente il cibo masticandolo anche sessanta volte; questo, diventato poltiglia, scende nel terzo sacco: l’omaso. Poi nel quarto: l’abomaso, dove viene definitivamente digerito. Quindi passa nell’intestino che è lungo ben 50 metri!

Questo si chiama “ruminare” ed è caratteristico di un gruppo di animali detti ruminanti: pecora, capra, capriolo, stambecco, giraffa, renna eccetera.

Il verso della mucca è il muggito, un suono pastoso e grave. Fin dall’antichità le mucche sono vissute vicino all’uomo e lo hanno aiutato per la sopravvivenza dandogli il latte, la carne, la pelle ed offrendo il loro lavoro per arare la terra e trainare pesanti carichi.

La talpa (un “animale tronco” per quanto riguarda la forma), grazie allo speciale sviluppo delle zampe anteriori, svolge un’attività di movimento sotto terra enorme: si potrebbe dire che riproduce, nei cunicoli scavati, lo sviluppo dell’apparato intestinale!

 

La talpa

La talpa è cieca, ha la pelle che ricopre gli occhi. Raggiunge la lunghezza di circa 15 cm., ha 44 denti e un corpo cilindrico. Le zampe cortissime sono poste in posizione quasi orizzontale: le larghissime piante a forma di mano rivolgono all’esterno e in alto la superficie che negli alri animali è rivolta all’interno. Le sue unghie sono molto solide, l’orecchio è appena circondato da un breve orlo di pelle che serve a tenerlo chiuso o aperto. Il pelo è nero con riflessi blu e viola, fittissimo, breve e morbido. La pelliccia non lascia passare alla pelle né particelle di terra, né umidità. La talpa si costruisce la tana sotto terra, costituita da una camera spaziosa posta dai 30 ai 60 cm sotto la superficie del suolo. Le pareti della camera sono molto compatte ed è riempita di foglie morbide, muschi, paglia e radici delicate; questo è un posto sicuro per dormire ed è collegato con alcuni cunicoli che portano all’esterno. Questi canali possono esser lunghi anche 50 metri. La tana ha bisogno di essere ben areata, ma anche vicina all’acqua, così la talpa scava alcune fossette per raccogliere l’acqua piovana. La talpa riesce a ficcarsi nella sabbia con rapidità pari a quella di un pesce attraverso l’acqua. Essa sa nuotare, può attraversare larghi fiumi e bracci di mare. Si ciba di lombrichi e di larve, ma anche di coleotteri, maggiolini, chiocciole e millepiedi; può addentare con violenti morsi anche rane, orbettini e far razzia nei nidi di uccelli posti a terra. La talpa è un animale rapace veramente temibile perchè è selvaggia, erosissima e non vive in pace con nessun’altra creatura eccetto la propria femmina e, anche con questa, i buoni rapporti durano soltanto nel periodo dell’accoppiamento e finché i figli sono piccoli. Dopo circa quattro settimane di gravidanza la femmina partorisce 3-5 piccoli cuccioli ciechi, nudi e con un’insaziabile fame. Le talpe non hanno letargo invernale, ma tanto d’estate che d’inverno sono in continuo movimento inseguendo sotto terra o in superficie lombrichi e insetti.

Infine, uno sguardo al centro, agli “animali sentire”, presentando il cavallo e il leone.

 

Il cavallo

Corre più veloce della bufera,

corre più veloce della gazzella;

all’aquila dice: “Son rapido come te”.

Corre più veloce dello sguardo

che spazia nella pianura.

Poco gli importa che il cielo sia scuro,

poco gli importa che tuoni la tempesta,

è un nobile che disprezza la paura.

Leggero come una rondine s’affretta

e il suo passo è così lieve

che è una gioia vederlo.

Molto esso capisce,

talvolta sembra che solo la parola gli manca.

Questo magnifico animale è stato da sempre vicino all’uomo, sia come animale da lavoro, che come compagno fedele di cavalieri in tempo di pace e in battaglia.

Il cavallo è molto diverso dalla mucca, il suo corpo è agile, gli occhi vivaci e il capo eretto; ha una bocca molto sensibile, zampe lunghe e veloci che terminano in robusti zoccoli. Questi ultimi vengono ferrati per renderli più resistenti e più adatti a correre sul terreno.

Guardando una mucca e un cavallo, ci sembra che la mucca sprofondi nella terra, mentre il cavallo pare levarsi sopra di essa.

Il cavallo per sua natura è viaggiatore, può percorrere anche 100 chilometri in un giorno; per lui la corsa è un grande piacere, allegro nitrisce e scalpita d’impazienza quando può gettarsi in una corsa al galoppo.

Nella gara si infiamma e si precipita verso la meta cercando di sorpassare i suoi simili in velocità.

Talvolta è tale il suo desiderio di essere primo che bisogna trattenerlo, altrimenti correrebbe fino a morirne.

Il cavallo ama i campi aperti, l’ombra, le praterie e l’acqua corrente. La sua vera natura è selvaggia, ma al tempo stesso è docile, una volta domato capisce prontamente ciò che vuole il suo padrone e sente i suoi sentimenti: paura, coraggio, incertezza, nervosismo, tranquillità…

E’ importante che chi lo cavalca sappia ciò che vuole. Lo stallone ha una forza straordinaria, il suo coraggio oltrepassa ogni limite, il suo occhio sprizza fiamme, mentre la cavalle è più docile ed obbediente. Il cavallo ama e odia, può essere invidioso e capriccioso, a volte anche geloso.. Pieno di coraggio sostiene la battaglia, deride il pericolo, se ferito geme soltanto e muore da eroe, calmo e tranquillo. La sua intelligenza è grande ed è dotato di ottima memoria.

 

Il leone

Alto rugge nel deserto

il leone maestoso

e il ruggito in lontananza

si diffonde pauroso.

Batte il cuore d’ogni animale

che tremando si rintana

mentre il re della foresta

fiuta l’aria meridiana.

Per il suo magnifico corpo circondato dalla fulva criniera che, come un mantello regale gli scende giù fino alle spalle, l’occhio fiero ed orgoglioso, i movimenti maestosi ed eleganti, il leone viene chiamato il re degli animali. Il suo petto poderoso racchiude un cuore forte e possente e dei polmoni altrettanto robusti. Il corpo è snello e flessuoso, coperto da un pelo liscio e corto dello stesso colore della terra bruciata in cui vive e la sua lunga coda termine in un fiocco di pelo.

Le sue zampe sono straordinariamente forti e muscolose; l’osso è duro come il ferro e una sua zampata è così potente da spezzare le ossa della sua preda.

Diversamente dagli altri felini (tigre, puma, pantera, leopardo…) il leone caccia solo se è tormentato dalla fame e può divorare fino a 30 chilogrammi di carne in una sola volta. Spesso approfitta del bottino di caccia delle femmine, ma quando decide di attaccare, la sua forza è irresistibile, può spiccare salti poderosi, fino a sei metri e può raggiungere la velocità di 60 km/h.

Il suo potente ruggito è agghiacciante, fa tremare la terra e produce un effetto terribile sugli altri animali; può essere udito fino a nove chilometri di distanza!

La maggior parte dei felini conduce vita solitaria, il leone invece vive in branco, di solito composto da due maschi e tre o quattro femmine con i loro cuccioli. I cuccioli quando nascono pesano circa un chilo e mezzo e vivono accuditi amorevolmente dalla leonessa lontano dal branco per circa dieci settimane. Poi vengono accettati dal gruppo e iniziano un vero e proprio addestramento alla sopravvivenza che dura due anni. Un leone adulto è alto circa un metro, lungo due metri più uno di coda e può pesare fino a 200 kg.

 

Zoologia e arte

Durante l’epoca di zoologia abbiamo avvicinato gli animali anche attraverso la pittura; mentre dipingevamo le seppie, sui fogli sembrava veramente di vederne occhieggiare qualcuna dalla sabbia, nell’atmosfera marina! In classe regnava un silenzio simile a quello che c’è sul fondo del mare…

Dalle forme assunte dal colore blu, si coglievano alcune seppie che nuotavano e con il rosso ne abbiamo definito la forma, e poi con il giallo, abbiamo creato gli elementi vegetali del fondale.

Interessante è stata anche l’esperienza della pittura del cavallo. Partendo da un segno a forma di “esse” rovesciata, col rosso, siamo arrivati ad intravedere e poi meglio definire i cavalli: in alcuni dipinti c’era una vera e propria mandria, in altri se ne evidenziavano uno o due in particolare.

L’ariosità del movimento, la concentrazione del galoppo, si alternavano nell’atto creativo e nella meraviglia di tutti i ragazzi nel veder apparire sul foglio, il “branco” in corsa.

Con il modellaggio invece abbiamo creato un topolino, un gattino, un cagnolino e una mucca.

Durante il corso dell’epoca ho raccolto molte affermazioni dei bambini che confrontavano l’Uomo e l’animale e negli ultimi giorni abbiamo trascritto le più significative sul “quadernone”:

più interessante di una… interrogazione!

“…le zampe anteriori della talpa sono un ottimo strumento per scavare molto più di una mano umana…”.

“L’artiglio di un leone è molto più efficace della mano dell’uomo nell’afferrare la preda”.

“I denti di un roditore si consumano ma continuano a crescere, quelli dell’uomo vanno tenuti ben curati altrimenti…”

“Alcuni animali fiutano a distanza di chilometri la preda. Altri vedono da molto lontano anche al buio…”

La quarta settimana è stata dedicata a riprendere la figura dell’uomo alla luce di quanto vissuto nell’epoca.

L’attiva, fruttuosa e gioiosa partecipazione dei ragazzi ha dato conferma al percorso seguito, che ha avuto un apice, sia nelle frasi riportate, sia nel dipinto finale dell’uomo.

 

Conclusioni

Gli arti degli animali sono stati creati per trasportare il loro corpo e soddisfare i bisogni primari vitali; quelli dell’uomo gli permettono di spostarsi e stare in posizione eretta (arti inferiori) e agire libero con le mani. Questo fa dell’uomo un essere libero e creativo, espressione del suo essere spirituale.

Alla mancanza di specializzazioni, l’uomo sopperisce con una grande facoltàdi pensiero: egli è capace di inventare e poi costruire gli strumenti che gli permettono di raggiungere lo scopo che si è prefissato.

L’animale vive nel suo ambiente e quando questo cambia e non è più adatto a lui, può morire ed estinguersi; l’uomo invece “crea” il proprio ambiente, vi interagisce e lo trasforma. In questo ha una grande responsabilità nei confronti di tutti gli altri regni.

 

Bibliografia

Rudolf Steiner:
“Le forze animico-spirituali alla base della pedagogia”
“L’educazione come arte”.
“Arte dell’educazione: Antropologia, Didattica e Tirocinio”.

Roy Wilkinson “Uomo e animale”

A. Brehm “Vita e storia degli animali”