Il bambino nervoso

di Silvia Nicolato

Vorrei dare a questa conferenza una forma colloquiale, una forma di ricerca comune in modo da suscitare la vostra partecipazione attiva e così rendervi capaci di orientarvi in modo personale nei vostri rapporti col bambino. Quindi non si tratterà di una trattazione sistematica sul piano teorico dell’argomento ma invece per polarità. Forse alcuni di voi sanno che Rudolf Steiner considera questo modo di procedere fondamentale nell’osservare i fenomeni del mondo. Esso è peraltro di origine goethiana e Steiner l’ha preso dalle osservazioni goethiane della natura. Dunque procederemo per polarità, per contrasti, contrapposizioni e così ci educheremo all’osservazione del bambino o del ragazzo in modo nuovo, per acquistare un occhio attento, intelligente e far caso a ciò che già vediamo tutti i giorni. Questo sul piano metodologico.

Mi sono chiesta come porre il bambino in modo vivente davanti a voi e mi sembra che il modo migliore sia vederlo, muoverlo dal punto di vista della triplice organizzazione.

Infatti non è possibile parlare del bambino nervoso senza avere una chiara idea dell’organizzazione del sangue da una parte e dei nervi dall’altra e di quale relazione abbiano esse con la rimanente organizzazione umana. Non è possibile parlare dal punto di vista scientifico spirituale del sistema nervoso senza parlare del suo opposto nella triplice organizzazione che è il sistema del ricambio e delle membra, del sistema digestivo.

L’organizzazione dei nervi e dei sensi ha la sua sede nel capo ma questa nozione non va intesa in senso topografico bensì in senso funzionale. Dall’altra parte sta l’organizzazione del ricambio e delle membra il cui centro è il sistema digerente localizzato nell’addome, anche questa organizzazione va intesa in senso funzionale, non topografico.

Il rappresentante di esso è per noi il sangue. Per ora siamo ancora nella bipolarità poi la completeremo.

Rudolf Steiner parla molto spesso della tripartizione umana, in modo particolarmente chiaro nella 2a conferenza del ciclo “Antropologia Generale”, testo fondamentale per gli educatori. Lì egli dice che:”opera in noi una polarità: il processo che si svolge lungo le vie del sangue e la cui tendenza costante è quella di condurre la nostra esistenza verso lo spirito. All’opposto di quello che avviene nel sangue, i nervi hanno tutti la tendenza a morire a materializzarsi. Ciò che si produce lungo la via dei nervi è in fondo materia eliminata priva di vita. Il sangue tende costantemente a spiritualizzarsi, il nervo a materializzarsi. In ciò consiste la doppia polarità.

nervo sangue
conoscere volere
antipatia simpatia
memoria fantasia
concetto immaginazione

Vengono presentati chiaramente questi due gesti fondamentali: il sangue tende a spiritualizzarsi, il nervo a materializzarsi. In altri passi Rudolf Steiner si esprime in modo ancor più singolare: egli dice, se il sangue potesse fare quello che vuole, vorticherebbe, verso l’alto, e vorticando sparirebbe. Per fortuna non può farlo perché noi lo tratteniamo nella nostra organizzazione. Dunque possiamo dire che il sangue ha un movimento di vorticosa dissoluzione. Del nervo egli dice all’opposto che il nervo lasciato a se stesso tende a materializzarsi a tal punto che, come dice in altri passi, quale ultimo gradino in questo processo esso tende a diventare addirittura osso, l’ultimo parente totalmente materializzato del nervo è l’osso. Al nervo è connessa un’attività di cristallizzazione, di consolidamento. L’attività del percepire è legata al nervo, mediata da esso, ad essa sono connessi altri processi: il pensare, la memoria, il concetto. Percezione e pensare sono strettamente connessi, uno sveglia l’altro anche nel bambino.

Cosa possiamo immaginare che avvenga nel nervo? la sostanza del nervo che consistenza ha? non è certo aerea, liquida, calorica; è più vicina al solido, non si muove e tende al freddo. Le sue qualità diventano più evidenti se consideriamo l’altro termine della polarità, il sangue. Qui abbiamo il torrente circolatorio sempre in movimento e caldo. Infatti il sangue è in costante movimento, è presente ovunque, in ogni recesso dell’organismo, nello stesso momento – qui intendo il sangue come totalità, non il singolo corpuscolo-, è onnipresente, unitario in ogni luogo dove scorre. Ce lo possiamo rappresentare come un enorme movimento di calore, calore di movimento.

Dal punto di vista della vitalità com’è il sangue rispetto al nervo? Nel nervo abbiamo una condizione statica, di quiete, di addensamento nel freddo, per così dire di precipitazione che in alcune zone giunge addirittura al cristallo.

È noto che alcune parti dell’encefalo sono finissimamente compenetrate di cristallini; si tratta di processi infinitesimi, formazioni microscopiche non grosse formazioni come per esempio l’epifisi, ma, tuttavia vi è del solido.

In questo processo cosa accade della vita sul piano istologico, cellulare nel tessuto nervoso, qual è la vita del nervo: è un tessuto vitale? Sappiamo che il tessuto nervoso non si riproduce, comincia a morire ancora in utero, già dalle primissime fasi la sua capacità riproduttiva è estremamente ridotta. Il sistema nervoso è come congelato in questo stato di fissità. Ma proprio per questa sua stabilità, questo suo stato di morte, di non esserci, come dice Rudolf Steiner, il nervo giunge alla piena trasparenza che consente i processi di percezione.

Questo stato di materializzazione, di precipitazione nel solido gli consente di essere tramite della percezione del mondo esterno. Proprio perché in esso siamo totalmente cadaveri possiamo vedere fuori di noi, altrimenti percepiremmo noi stessi, non sapremmo nulla di quello che accade fuori. In altre parole dormiremmo della grossa tutta la vita se questo non avvenisse.

All’altro polo troviamo travolgente il torrente della vita: il sangue continuamente muore rinasce e così via. Il sangue non sta mai fermo, mensilmente si riforma tutto, ha un’alta capacità di rigenerazione: quello che uno fa l’altro lo nega, quello che uno agisce l’altro contraddice.

Sistema dei nervi e dei sensi Sistema ricambio membra
nervo
sangue
materializza dissolve, smaterializza
tende all’osso liquido, caldo
fermo, immobile in perenne movimento, in divenire
lungo suono suono breve, ritmo incalzante, travolgente

Questa è la triplice organizzazione, bella e anche difficile. Non è qualcosa di lineare progressivo, noi non diciamo, ci sono i neuroni poi le cellule del sistema fibroso, poi le cellule dei corpuscoli rossi, poi ci sono altri tipi di cellule, le mettiamo in fila, le guardiamo ecc,ecc. Non è questo il metodo che utilizziamo ma uno assai diverso; non descrittivo di catalogazione ma un metodo che Steiner individua come dinamico, di azione reazione, per polarità. Non possiamo approfondire qui questo tema, quello che ci interessa notare è che questi due sistemi sono esattamente opposti e tendono a ostacolarsi, ad avvelenarsi reciprocamente. Il sangue è costantemente nutrito dal sistema digestivo, accoglie in sè la nutrizione e nutre tutto l’organismo, ha in se processi di costruzione, generazione, crescita. Il nervo invece ha lo scopo di mantenere tutto fisso, invariato, di distruggere fino all’elemento minerale tutto ciò che incontra. Da una parte processi costruttivi, vitali dall’altra parte distruttivi, catabolici, di morte; queste due dinamiche sono l’un l’altra antinomiche, inconciliabili, si avvelenano reciprocamente.

Se l’attività del nervo entra nell’ambito, nella signoria dove l’attività del sangue governa – dice Steiner, ma è in fondo un modo di seguire i processi – essa avvelena distrugge ciò che il sangue intendeva fare.

E viceversa se quella del sangue entra nei luoghi dove c’è silenzio e assoluta tranquillità, avvelena, per così dire, contraddice quello che il nervo vuol fare. Allora entriamo in ambito patologico il che in questa sede non ci interessa, dato che ora siamo interessati alla pedagogia.

Nasce allora la domanda, se questo processo fosse così drammatico come potremmo noi stare insieme? Noi saremmo sempre o morti o addormentati e invece la vita ci consente un certo equilibrio, infatti non è così facile ammalarsi a differenza di quello che si pensa. Infatti c’è in noi un’attività di equilibrio tra il moto vorticoso del sangue e il cristallizzare del nervo. Tra il ritmo incalzante del sangue e dall’altra parte il lungo suono ininterrotto del nervo, in mezzo abbiamo una condizione ritmica in cui al suono si alterna una pausa, il lungo suono viene ritmizzato dal suono turbolento. Nascono così tutti i ritmi che stanno nella zona intermedia dove la respirazione, anima, stimola ma anche placa, tranquillizzano con ogni respiro la circolazione vorticosa che affiora nel polmone.

Abbiamo quindi un processo ritmico, un movimento ampio che ci interessa molto perché in realtà il problema pedagogico è un problema di respirazione. Si tratta di scoprire come respirare col bambino nella giornata e in tutte le sue attività.

Ora abbiamo messo un po’ in movimento questi tre processi di base e possiamo tornare alle parole iniziali. Si è detto che il nervo tende costantemente a materializzare, il sangue a spiritualizzare, a smaterializzare, a dissolvere e ora queste parole si capiscono un po’ meglio. Questi due processi collaborano in un ritmico movimento mediante la respirazione.

E chiediamoci: in che tipo di civiltà siamo oggi? Qual è il processo prevalente che esercitiamo quotidianamente nella vita urbana – e anche nei piccoli centri le cose non sono molto diverse – e i bambini con noi? È una civiltà spiritualizzata, che smaterialiiza i propri edifici, le proprie produzioni appena le ha realizzate? O è piuttosto una civiltà che in modo assolutamente schiacciante tende a materializzare, cementificare tutti i suoi pensieri e poi essere un po’ in difficoltà quando c’è da toglierli di mezzo. Nell’organismo non è molto diverso: anche da questo punto di vista la nostra civiltà è materialista nel senso che la tendenza percettiva-nervosa di questa civiltà è quella di dare costantemente una forma materiale a tutto quello che, per così dire, passa per la mente. Tutto ce lo troviamo subito di fronte in una forma materializzata. Se state davanti ad un tempio greco – ora è ancora più smaterializzato dal tempo – con le sue file di colonne e se vi immaginate una chiesa di oggi o anche un tempio scientifico, un’università – che è appunto un tempio scientifico – sentite interiormente quale livello di materializzazione è stato operato.

Rimanendo in un pensare analogico, lo stesso problema lo abbiamo dal punto di vista fisiologico: oggi la maggior parte delle problematiche fisiopatologiche sono nel senso della materializzazione, dell’indurimento, della sclerosi, non nel senso delle caverne, dei buchi, come nella TBC che prevaleva nel passato, quindi delle mancanze, dei minus; piuttosto (purtroppo!) nel senso delle neoformazioni, dei tumori, dei plus, di una condizione di interfisicizzazione che è proprio il nostro problema attuale. Ho fatto una analogia per richiamare quello che è il problema: un processo di innervosimento costante a cui noi stessi in prima istanza e poi, i nostri bambini, siamo esposti.

Siamo in epoca materialista, siamo in condizioni di ipermaterializzazione. Quali saranno i processi che osserviamo? Una persona va dal medico o parla con una persona di riferimento e cosa dice? “Il bambino, il bambino del vicino è nervoso, è una cosa che non si può sopportare!”. Qui occorre un chiarimento perché è molto facile confondere il bambino nervoso col bambino vivace. È vivace o è nervoso?

Forse tutte e due le cose ma questa situazione mista la confideremo in seguito perché è la più difficile. Quindi prima prendiamo da una parte il bambino nervoso e dall’altra il bambino vivace e li confrontiamo.

Che comportamento ha il bambino nervoso? Scatta come se fosse una molla, reagisce subito alla minima osservazione. Si irrita ma anche qui dobbiamo distinguere tra irritazione e collera. La collera è un processo, essa monta, monta e poi giunta a un massimo a poco a poco decresce e si calma. Il bambino nervoso invece scatta è imprevedibile, raggiunge un acme immediato che poi sparisce.

Come si presenta il bambino nervoso? È magro, teso, pallido, mentre quello vivace è sudato, caldo, rosso, rotondo, pieno di succhi, turgido. In lui prevalgono processi anabolici, del movimento e del calore mentre nel bambino nervoso prevalgono processi di raffreddamento e catabolici. Questi bambini non sono magri ma presentano sempre più spesso tensioni nella zona cervicale, contratture come negli adulti. Spesso sono tesi come una corda di violino ma anche le estremità sono spesso fredde specie i piedi. Nel corso della crescita possono andar incontro a fenomeni di mal di testa, neuro astenici: intorno al 9° anno possono insorgere questi malesseri che sono abbastanza tipici di quell’età. Quindi questo bambino è freddo, non però paralizzato, infatti la madre dice che non sta fermo un minuto. Ma vediamo com’è la dinamica di questo movimento. Nel bambino vivace il movimento parte da dentro, è irraggiante, espansivo, trascina con se tutto quello che incontra, dunque dal centro alla periferia. Il bambino nervoso invece reagisce, scatta. Ma dov’è questo bambino, è nel suo centro? no, è del tutto alla periferia.

Il bambino vivace ha mille idee, è vulcanico, dell’esterno non gliene importa nulla; l’altro è costantemente distratto dal mondo esterno, deconcentrato. Col bambino vivace può essere problematico arrivare a motivare la volontà, darle una forma, incanalare le sue forze. Per l’altro il problema è come farlo stare quieto, come calmarlo.

Bambino nervoso
Bambino vivace
reagisce a scatti iperattivo
crampo più fluido
disritmico terremoto continuo, mette tutto sottosopra, caotizzante
non ha ritmo collere, ma con ritmo

Ora vediamo la parte igienica terapeutica, cosa possiamo fare con questo bambino e, da quanto detto, dovrebbe essere più facile trovare i modi per calmare, distendere, ingrassare, colorire, riscaldare e sciogliere questo bambino! Ora cercheremo motivi ispiratori per coltivare i vostri istinti pedagogici. Le qualità citate indicano delle processualità: per esempio il bambino nervoso non deve necessariamente essere magro. Magro significa che prevale l’elemento catabolico del nervo, ma naturalmente se in famiglia sono tutti grassi è facile che lui lo sia. E occorre tener conto di fattori che non intervengono nel rapporto medico-paziente, infatti a casa e a scuola le cose sono diverse. Se il bambino è nervoso come sono io genitore? So per esperienza che se io trovo un modo per suggerire al genitore di calmarsi, insieme al suo bambino, con tutti i consigli che però gli complicano la vita, lo innervosisco ancora di più. Di fronte ai molti consigli del medico egli diventa ancor più ansioso e teso. Dunque si chiede il genitore: come posso calmarmi col mio bambino? Come entrare nel processo in modo da poterlo trasmettere a lui? Non voglio ripetere frasi note quali: il bambino è nervoso perché la madre è nervosa ancor più di lui, non sarebbe molto produttivo. È ovvio che se il bambino è nervoso qualcosa di problematico in casa c’è. Oggi sono frequenti queste situazioni di adulti tesi, magri, ecc. e i loro bambini lo sono ancora di più, questa è la normale situazione urbana. Come possiamo fare per scaldarci col bambino, per distenderci, per calmarci. Non è sempre possibile nella vita prepararsi prima, quindi che prima di entrare in casa io respiri a fondo, mi calmi, entri e dica con calore: caro il mio bambino! Magari prima ho avuto un incidente stradale, sono stanco, piove, ecc.! è certo utile trovare questo distacco, un momento in cui ci si concentra ma non è sempre possibile. E se non è possibile che facciamo? Se fossimo calmi, distesi, ottimi pedagoghi forse non saremmo qui, perché avremmo già l’istinto di quello che dobbiamo fare! Ce lo insegna madre natura.

Certamente ci sono molte soluzioni che si possono tentare ma noi faremo qualcosa di molto semplice, di esemplare, affinché in voi venga suscitato un movimento di fantasia.

Non voglio tanto concettualizzare quanto invece muovere in voi attraverso l’attività del sangue, qualche movimento immaginativo di fantasia in modo che possiate trovare al momento giusto la soluzione giusta. Il problema è che nessuno schema, nessuna ricetta vi può togliere la patata bollente dal fuoco, dovete attingere alle vostre risorse del sangue, di fantasia, secondo certi concetti ben precisi che vedremo insieme.

Alla base sta il fatto che noi possiamo far leva solo sul sistema ritmico, non possiamo accendere un fuoco nel ricambio che non è accessibile, come del resto il sistema nervoso. Essi non a caso sono riposti nel più intimo nascosto dell’organismo. Nel ricambio siamo chiusi in noi stessi, nel cervello siamo morti e rispecchiamo il mondo esterno. L’unico luogo in cui noi affioriamo al mondo esterno, dove noi siamo in relazione, interagiamo con gli altri esseri umani è nell’attività respiratoria. Lì abbiamo la possibilità di entrare e uscire, e c’è un problema di ritmo. Ciò su cui poggia il sano edificio pedagogico è il respiro ritmico, ripetitivo, regolare del maestro. In tale ritmo noi possiamo risanare o ammalare; anch’io come medico ho sempre problemi di malattie delle vie respiratorie dunque esso è un punto nodale dove noi ammaliamo e risaniamo. Ma, come vedremo tutto è equilibrato in questo senso. Nel ricambio abbiamo infiammazioni, febbroni, dissoluzioni, pus, che sono oggi sempre meno frequenti anche se nel bambino sono ancora presenti.

Cosa succede nella respirazione se essa va nella direzione del ricambio o in quella della percezione-rappresentazione? Supponiamo di essere in un bosco fuori dalla città e corriamo: come è la respirazione? accelera, è incalzante, tempestosa.

Prendiamo ora un esempio opposto: siamo in città e siamo molto colpiti da ciò che percepiamo, vediamo per esempio un incidente, un bambino che sta per andare sotto un’auto. Il respiro si ferma, si blocca: tratteniamo il respiro. Questo è il caso peggiore, lo shock, condizione di attenzione globale, assoluta. Ma anche più normalmente siamo al semaforo, attendiamo il verde per passare: anche qui tratteniamo il respiro. Normalmente dobbiamo prestare la nostra attenzione a una quantità di attività percettive che richiedono concentrazione: Metropolitana, linea verde o rossa, l’autobus che arriva è quello giusto?, ecc. Nel bosco tutto è assai diverso: non ho bisogno di ragionare, vedo un ramo abbasso la testa, vedo una scorciatoia mi infilo di lì, tutto è molto semplice. Nell’ambiente urbano abbiamo ormai un linguaggio percettivo altamente concettualizzato che richiede complessi esercizi di memoria e di attenzione, di concettualizzazione: nervo!

Nel bosco cosa concettualizzo? Ci sono processi di simpatia non di antipatia e di distanza, nel bosco mi immedesimo molto di più, non del tutto naturalmente perché ci possono essere dei pericoli, però vivo prevalentemente processi di simpatia di immedesimazione che hanno a che fare col volere. In un caso abbiamo un accelerare respiratorio, nell’altro il trattenere il respiro, l’apnea, l’asfissia. Vediamo qui uno stato di preallerta, di attenzione molto marcato che diventa di allerta, si rende progressivamente automatico nel nostro modo urbano di vivere, tanto da portare molto facilmente a situazioni di ansia. Chi la conosce sa che il problema dell’ansia fa riferimento a questa zona centrale, ritmica. Ma da questa condizione noi abbiamo la possibilità di agire in senso opposto. Dobbiamo cercare di respirare, buttare fuori l’aria che abbiamo trattenuto e immergerci col bambino in un ritmo in cui, questo ritmo bloccato, trattenuto e spesso superficiale, si sciolga, si riscaldi. Questo riguarda molto il pedagogo ma anche il medico: da una parte il bambino nervoso non ama farsi toccare, se lo si prende in braccio sguscia via da tutte le parti, non c’è la distensione muscolare morbida per cui noi possiamo abbracciarlo. Quindi se il bambino non è troppo grande, fino a 10-12 anni, si può cercare di ritornare alla situazione di contatto. Beninteso situazione di contatto non vuol dire prenderlo in braccio e star così per delle ore. Anche qui c’è un problema di respiro, devo trovare la distanza giusta, il modo giusto con cui lo tengo in braccio. Se questo tipo di contatto non è più possibile, se è già più grande, posso esercitare questo contatto sotto forma di massaggio. Una volta, a proposito del massaggio, un bambino disse alla madre che lo massaggiava: “Sì, sì, mi fa sempre le carezze!” Frase che mi ha molto colpito. In effetti il massaggio è una carezza perché ripropone questo elemento della ripetizione del gesto. Nel ritmo, nella ripetizione del gesto, come dire, nel contatto e nel gioco che si fa col bambino, in quel ritmo possiamo sciogliere questo respiro contratto. Il massaggio è però difficilissimo da fare, chi lo fa d’istinto lo fa bene, chi l’istinto non lo ha fa dei pasticci e prima di impararlo impiega molto tempo. Qui oggi posso solo accennare a ciò. Nel ritmo, nella ripetizione del gesto posso anche fare dell’altro: lo prendo in braccio, gli parlo, lo coccolo, se è piccolo lo butto giù e lo riprendo, lo butto giù e lo riprendo…Ovviamente dipende dall’età.

Il ritmo va mantenuto inalterato tutto il tempo, se è 4 quarti è 4 quarti, non va sincopato altrimenti usciamo dal ritmo. Il passo successivo è il girotondo, la capriola: non c’è da aver paura di portare il bambino nel movimento, mica lo calmo facendolo stare fermo, così ottengo l’effetto opposto! Deve muoversi fino a quando entra nel ritmo, si stanca e così poi si addormenta.

È richiesta una complessa valutazione, Se il gesto non è più sufficiente, umanizziamolo ancora di più, passiamo dal tatto a sensi più elevati, quindi il linguaggio. Come trasformiamo questo ritmo nel senso del linguaggio? Con storie, canti, filastrocche, cantilene, racconti. Cosa è il racconto? In origine è un “conto” ripetuto, fatto in versi e ritmizzato. Uno degli ultimi racconti di questo tipo è il Kalevala in cui vi è ritmo, poesia ed è cantato. Questo è quello che veramente calma noi stessi prima del bambino! Ho osservato spesso che quello che delizia il bambino è proprio il racconto e il racconto può andare dal più piccolo in cui utilizzo elementi fiabeschi e immagini, al più grande in cui utilizzo anche eventi, anche la storia. Il bambino chiede “racconta! Ma perché non mi racconti di quella volta, come è andata quella volta…”. Nel racconto, in questo ritmo senza fine, ripetizione dell’uguale, il tempo diventa eterno. Si esce da tempo quotidiano e si entra in un tempo primigenio. Nel racconto c’è questo elemento magico che porta fuori dal tempo quotidiano. Perché il bambino lo cerca, perché lo calma sul piano fisiologico? Perché è ripetizione dell’uguale e non cambiamento che invece lo eccita. Perché in questo ripetere il bambino si rigenera, il bambino cresce. Noi adulti non cresciamo più, siamo usciti da questa dimensione del tempo della ripetizione e dell’imitazione, mentre è soltanto in questa eterna ripetizione dell’uguale che si riproducono le cellule del bambino, che qualcosa può crescere, può espandersi.

Queste sono le leggi del mondo vegetale, del mondo eterico, le leggi dell’eterna foglia che cresce, vegeta emette una foglia, ne emette un’altra….In prima istanza questa ripetizione porta alla ripetizione stessa dell’organismo: il bambino raddoppia, triplica il suo peso. Il tempo del bambino è altro da quello dell’adulto.

Sulla terapia vorrei aggiungere ancora solo qualche notazione. Oltre al massaggio, al racconto, a sciogliere, riscaldare avvolgere con un mantello di calore questo bambino indurito, iperfisicizzato, oltre ad usare olii, rame, tutto quello che scalda, noi lo possiamo rinverdire sulla base di queste conoscenze, questo effetto: c’è una tradizione popolare che ora possiamo rinverdire sulla base di queste conoscenze. Quando mamma non ce la fa più, è stanca, il bambino o i bambini sono nervosi, si fa fare un bagno a tutti. L’agitazione viene sedata in acqua calda. Oggi lo si è disimparato e si usa invece la doccia che invece eccita laddove l’acqua calda, ad esempio con l’aggiunta di un po’ di latte di lavanda, calma e favorisce il sonno.