Il messaggio dei bambini di oggi  – Thomas Stöckly

intervista a Henning Köhler
Das Goetheanum n.11, 2001, p.193

 

Henning Köhler, classe 1951, si è occupato di pedagogia curativa fin dal 1973 quando fece un anno di pratica presso la “Haus Sonne”, Walsheim. In seguito è passato per svariate esperienze come redazione di una rivista, movimento anti atomico, infermiere nella clinica di Oschelbronn, seminario Camphill per la pedagogia curativa, movimento per la pace, terapeuta presso la sezione infantile della Filder Klinik a Stoccarda e ricerca approfondita sull’anoressia nella pubertà. Nel 1986 ha fondato l’Ambulatorio pedagogico terapeutico” e nel 1987 l’ “Istituto Janus-Korzak” a Wolfschlungen presso Stoccarda. È sposato dal 1980 ed ha due bambini. Svolge una intensa attività di conferenziere e ha pubblicato molti contributi su riviste e parecchi libri di cui alcuni tradotti anche in italiano, per es. “Il bambino difficile, pauroso, triste.” Savona, 2000.

Offrire un ambiente di relazioni salutari

Cosa avviene nel vostro istituto e quali mete perseguite?

Accanto alle prestazioni terapeutiche e di consulenza c’e un’ampia gamma di possibili specializzazioni (giornate, seminari, percorsi di insegnamento) sui temi pedagogia, pedagogia curativa, biografia, psicologia, arte e arte curativa, strutturazione della vita nella vecchiaia, vita di coppia e matrimonio. Il baricentro sta sul bambino e sul giovane. Fin dall’inizio per noi si trattò di formulare e realizzare praticamente una alternativa al consueto modo di vedere, pensare e agire terapeutico. Qui la scienza dell’infanzia gioca un ruolo chiave, essa gioca un ruolo centrale nella lotta spirituale del presente.
Ci sono molte questioni. Non appena ci si confronta con il bambino difficile interviene pesantemente la concezione meccanicistica – in parte anche nell’ambiente Waldorf. La problematica si concentra attualmente su aspetti di funzionalità e efficienza. Si vuol aver ragione dei problemi partendo dal corpo, diagnosticando un disturbo organico nel cervello e poi attuare ogni cosa possibile per riportare il bambino alle misure normali. Ci si rivolge al piano del pensiero meccanico in modo del tutto involontario. I pedagoghi e terapeuti coinvolti non hanno il sentimento di essere infedeli alle loro convinzioni di fondo umanistiche o spirituali quando seguono ipotesi di moda come per es. quella che nei bambini disadattati il “trasferimento di dopamina nelle giunzioni delle sinapsi è troppo piccolo”. Magari ho sempre in bocca la nobile parola “bambino bisognoso di cura animica” mentre invece dovrei dire, con un’auto verifica più onesta: danno bisognoso di riparazione. Qui entra il diavolo nei particolari. Quindi deve essere fatto un preciso lavoro di antropologia per identificare i singoli casi di pensiero e per renderli innocui, sempre di nuovo riproposti dal maestro della magia della funzionalità (Arimane, nel nostro gergo!). Il che non è facile. Conosciamo molto bene il pericolo di ricadere, in concrete situazioni terapeutiche di conservazione, dietro le proprie esigenze e, per es. rimestare il “training di comportamento” invece che percorrere la via più impegnativa che qui è: aprire un campo di rapporti salutari. Nel centro sta la relazione, il piano interiore: Si tratta di conciliarsi con un destino strano, lungi da lungaggini diagnostiche e logiche che in realtà sono adattamenti. Non soltanto proclamare questo ideale ma imparare ad attuarlo sempre più nella pratica.
Si devono percorrere concrete vie di esercizio: esercizi animici, di percezione e di pensiero. In ciò ci si può aiutare reciprocamente. Quello che sbarra lo sguardo sull’essenziale è prima di tutto l’infelice concetto di “normalità”. Terapia non può significare rendere di nuovo gli uomini capaci di funzioni per una società malata cronicamente. James Hillman ha detto una volta che ogni sala di terapia dovrebbe essere un luogo di cospirazione, un germe di cellula rivoluzionaria. Egli intende naturalmente la rivoluzione spirituale. Nei consultori e nella prassi psico terapeutica di questo mondo non arrivano solo i “disfunzionali”; i bisognosi di aiuto hanno spesso facoltà spirituali e sociali che tuttavia servono loro più a fuggire che a bearsi. Per lo meno sono uomini con mete profonde, oneste a cui la vita minaccia di abbattere tutto ciò che per loro è salutare. Si potrebbe dire: come terapeuti dell’anima noi godiamo il privilegio di poter servire ad una élite misteriosa. Questo vale espressamente anche, anzi in misura particolare, per i cosiddetti bambini disturbati nel comportamento.

Visitatori da un altro mondo il futuro

Cosa viene dalla sua comprensione terapeutica in casi concreti?

Faccio un esempio: arrivano genitori con un bambino che ha problemi di comportamento a scuola, che fa continuamente il burattino, non vuol imparare e così via e ci danno il compito di trovare un po’ dove stia il disturbo e fare in modo che il bambino diventi normale, si adatti, ascolti, faccia i compiti. Ora, noi diciamo loro subito chiaro che così non si ottiene nulla, noi non siamo un’officina riparazioni per bambini e non lavoriamo con test standardizzati. Diamo maggiori garanzie, molto meglio di quanto sia possibile con i test, col prenderci il tempo necessario per informarci esattamente sulla storia del bambino, imparare a conoscerlo sulla base di giochi non costrittivi e, se c’è la possibilità, parlandone con i suoi maestri di asilo e scolastici. Per il resto non portiamo nessun giudizio prefabbricato nell’indagine. Noi diciamo: se un bambino ha problemi di adattamento sappiamo dapprima soltanto che ha problemi di adattamento. Che si debba concludere per un “disturbo di comportamento” non lo sappiamo ancora. Non è che il piccolo intrigante non abbia delle buone ragioni per il suo comportamento?
E soprattutto cosa significa “disturbo”? In qualche modo la situazione di doti e bisogni del bambino entra in collisione con le condizioni in cui viene posto, con le richieste che egli deve soddisfare. Le cose non si adattano una all’altra. Sempre più di frequente non si adattano. Perché? Invece di venir incontro sempre nello stesso modo a situazioni carenti si dovrebbe prendere in considerazione la sempre maggiore differenziazione infantile nel suo stile percettivo, di comunicazione e di apprendimento. Molti dei profili di doti che oggi incontriamo, semplicemente ancora non li comprendiamo. Essi ci sembrano sospetti, perciò diventiamo intolleranti. È lo stesso riflesso che si ha nell’inimicizia per lo straniero.
Per comprendere cosa oggi si compie nello spazio dell’infanzia sarebbe bene consigliare ai diagnostici della psiche di lavorare insieme ai ricercatori della coscienza. Sempre più bambini stanno tra di noi come estranei, come visitatori di un altro mondo. E quando si lascia parlare i fenomeni, a poco a poco si chiarisce che quest’altro mondo è il futuro.
Ho imparato che i cosiddetti disturbi di comportamento comportano sempre un messaggio. Questo messaggio tradotto liberamente suona così: “Il mio ‘stile’ di comunicare (imparare e comunicare!) con il mondo e con gli uomini è del tutto diverso da quello che voi vi aspettate da me. Noi parliamo lingue diverse. Voi mi volete inserire in cose che mi sono profondamente estranee. Non vedete ciò che porto in me e che ho da dare. Questo mi frustra giorno dopo giorno”. Così all’incirca parlerebbero molti bambini problematici se potessero dire quello che li agita.

Significa che quello che voi vi prefiggete come scopo è simile a quanto è detto nel libro “I bambini indigo”3? Là si dice che invece di trattare i bambino con Ritalina per tranquillizzarli si dovrebbe comprendere il loro messaggio particolare.

Sì, concordo con i pensieri di fondo lì espressi anche se la presentazione e per lo più superficiale e non fenomenologica. Io scrivo e parlo da anni nel modo il più possibile differenziato su questi fenomeni ma non ho potuto ottenere negli ambienti antroposofici l’effetto di risveglio che ora quel libro bruscamente scatena. Fluiscono nel mondo bambini con nuove e particolari facoltà. A molti di essi è fatale che li si considera casi di disturbo, li si limiti e li si sottoponga a tutte le possibili procedure terapeutiche.
Io viaggio in lungo e in largo per rendere attenti a questo fatto che nel 95-96, tramite varie esperienze, divenne per me da un presagio una certezza. Un profilo di doti non attuale, e il concetto che per lo più impiego – non attuale perché il tempo non è ancora maturo per riconoscere ciò che gli sta dietro. I bambini di cui si tratta, entrano sulla terra oggettivamente in modo tale che si può parlare di configurazione dei membri costitutivi indebolita. Ma questo indebolimento non è in quanto tale malato bensì annuncia un cambiamento di coscienza. Il futuro che si annuncia si scontra contro strutture e istituzioni sociali irrigidite; che sono manifestazione di un atteggiamento spirituale dal quale non si può sviluppare alcuna comprensione per quello che i nuovi bambini portano con loro. I conflitti che ne risultano emergono in modo evidente già da 15 anni circa.

Decisioni di incarnazione per un futuro degno dell’uomo

Può parlarci ancora di questi nuovi bambini sulla base delle sue percezioni di terapeuta? Lei probabilmente ha elaborato dei nuovi concetti.

Io ci lavoro, tuttora la fenomenologia differenziata dei profili di doti non comuni è un tema complesso e assolutamente futuro. Prima di tutto mi pare importante una puntualizzazione fenomenologica. Dobbiamo convincerci che non dobbiamo appiccicare nulla a questi bambini particolari bensì guardare e descrivere veramente quello che percepiamo. In ciò si tratta prima di tutto sempre di interpretare i fenomeni e porli nel contesto di un “grande racconto”, quindi in un tessuto di idee più ampio.
Il “racconto” che credo ci possa portare avanti era, nei suoi tratti fondamentali, già noto a Novalis. Lo mostra la sua frase: “Noi abbiamo la missione di plasmare la Terra”. Ognuno di noi è entrato sulla scena degli eventi universali per portare il suo contributo ad ottenere la “scultura sociale” (Beuys) il che significa collaborare alla realizzazione di un futuro degno dell’uomo. Che è fondamentalmente la decisione di incarnarsi. E da ciò soltanto si può commisurare quale elemento tragico sta in un uomo che diventa talmente estraneo a se stesso che il suo originario impulso creativo si trasformi in un piacere di distruzione. In ogni bambino vive una “volontà guida” individuale (Goethe) una “motivazione primaria” (Viktor Frankl) che non può essere dedotta da nulla se non da lui stesso. Questa impulso biografico che si dipana come filo del destino, ha però – e molto importante badare a questo – anche aspetti sopraindividuali. Esso è incluso in un “progetto generazionale”. È avvenuto in tutti i tempi che le nuove generazioni hanno voluto portare impulsi salutari negli avvenimenti universali e in ciò erano legate l’una con l’altra come da fili invisibili, mentre nel contempo forze oppositrici entravano sulla scena per lacerare tutto nell’abisso. È un tema stimolante per una ricerca storica sulla gioventù. Oggi, dato che non si deve essere pessimisti sulla cultura ed avere paura nel futuro, appare che i bambini abbiano preso particolarmente molto con se. Essi vogliono porre all’opera un salto di coscienza e non temono in ciò nessun rischio. Diversamente dagli anni `60 e `70 quando la gioventù spesso si ribellava, oggi è in corso una rivoluzione di base, estesa. I “bambini nuovi” sono dappertutto. (Film come “Generazione X” tematizzano l’argomento in modo superficiale e sensazionalistico). Ritengo che lo “script” vitale di cui parla l’analisi transazionale, la scelta originaria su cui si affaccendò il pensiero di Jean Paul Sartre, non sarebbe a) conquistata nella prima infanzia come sempre si sottolinea, bensì portata con sé in un progetto preliminare, b) nel suo nucleo si rapporta non egoisticamente bensì in modo altamente responsabile alla situazione del tempo di oggi, c) è individuale ma contemporaneamente legata ad una unificazione generazionale.
Da questa considerazioni di base ci si può domandare quali qualità umane sono oggi minacciate in modo particolare così che – se il nostro racconto è vero – i bambini che sono tra di noi e che verranno nei tempi prossimi debbano avere un particolare interesse a salvare queste qualità. Hanno in verità i cosiddetti bambini devianti particolari forze che si rapportano alle mancanze della civilizzazione? O, detto altrimenti, potrebbe essere che ci noi si viva in un tempo nel quale ci appare come debolezza e fallimento proprio quello che al massimo è richiesto ?

Anime consolatrici o curanti.

Ci può fare esempi concreti?

Si, ora veniamo ai fenomeni, ne ho descritti alcuni recentemente nel mio libro Cosa abbiamo mai fatto di sbagliato? In ogni classe oggi ci sono bambini molto sensibili, paurosi, dai sentimenti molto delicati e soprattutto dalla pelle sottile – soprattutto bambine- dei quali ci si deve prendere cura perchè si muovono praticamente senza protezione. Lascio da parte gli aspetti medici. Tipici segni di comportamento: paura di passare una soglia (ogni modificazione della situazione è un orrore), paura di fallire, paura di addormentarsi. E a causa del loro fortissimo bisogno di sicurezza diventano spesso i tiranni della famiglia. Questo può arrivare fino ad una vera e proprio follia di controllo. Essi danno un valore decisivo a rituali pieni di sentimento, hanno bisogno di una grande armonia, non vorrebbero andare da nessuna parte senza i genitori ed hanno una paura costante che possa capitare qualcosa di brutto. Se si osserva più esattamente si nota chiaramente che essi non hanno in prima linea paura per se stessi bensì per gli altri. La loro intera preoccupazione è diretta al benessere della madre, del padre, dei cugini e parenti e delle persone vicine. Anche gli animali sono inclusi in questa superpreoccupazione. È tipico per un simile bambino che versi lacrime amare per la morte di un topolino, che all’appassire di un fiore sia del tutto turbato. Già molto presto -si dovrebbe dire: troppo presto- ancora prima che si possa formare giustamente il guscio protettivo dell’Ego, il tratto essenziale che colpisce di questi bambini è una profonda capacità di compassione, un sentimento marcato di responsabilità per gli altri, meglio per tutto ciò che vive. Essi sono profondamente connotati religiosamente – del tutto indipendentemente dalle idee dei loro genitori- e giocano preferibilmente giochi che hanno che fare con la cura e l’assistenza. E aldilà di queste percezione vorrei dire: l’essere sensitivi non torna solo, lo sa Iddio, a loro vantaggio. Essi “sentono dietro” (“vedere attraverso” sarebbe un’espressione errata) ad ogni maschera di comportamento. Un maestro può anche raccontare amichevolmente, venire avanti così, sciolto, se egli è pieno di rancore o di tristezza, il bambino lo sa nel suo cuore … ed è infelice perché non può aiutarlo. Queste sono anime consolatrici o curanti: quando si cerca di distillare l’essenziale si arriva ad una simile formulazione. Certamente ci furono sempre dei samaritani ma oggi ci sono talmente tanti bambini di questo tipo tra di noi, marcati fino al limite del dolore – e ce ne saranno sempre di più – che si deve parlare di un fenomeno del tempo degno di nota. Non ho bisogno di descrivere a lungo che qui abbiamo a che fare con una qualità che è divenuta rara nella nostra civiltà e che d’altra parte che è così profondamente necessaria come l’acqua in una zona desertica.
Quando un simile tipo di essere minaccia di arrivare al patologico, come in una costituzione angosciosa, bisognosa di trattamento ciò è prodotto da una relazione tormentosa tra il calore animico di questi bambini e il clima gelido del tempo: si congelano interiormente in modo profondo. Si farà solo un lavoro abborracciato pedagogicamente e terapeuticamente se questa presa di coscienza non guida l’azione.

Una Storia Tipica

Manuel ha 6 anni ed ora dovrebbe andare a scuola ma nell’asilo ci sono problemi perché egli è non solo un piccolo selvaggio bramoso di fare e con idee zampillanti, ecc. ma negli ultimi tempi è anche divenuto aggressivo: getta blocchi di legno contro altri bambini e insulta la maestra quando qualcosa non gli va. I maestri incaricati di verificare la maturità scolastica sono venuti a sapere di stranezze nel suo comportamento sociale. E oggettivamente Manuel si comporta come secondo le rappresentazioni: invece di dipingere, scarabocchia completamente il foglio e ad una maestra dice: “Scema!”. Successivamente i genitori vengono consigliati di fargli fare un test perché il bambino, da quello che appare, è iperattivo. Allora essi vengono da noi che non facciamo alcun test bensì ci occupiamo di lui per un periodo di alcune settimane. Alla fine proponiamo che Manuel rimanga ancora un anno all’asilo mentre in parallelo conduciamo una terapia, consultiamo regolarmente i genitori e all’occasione parliamo con le maestre d’asilo. Capita il caso fortunato che tutti i coinvolti sono d’accordo. Non si parla più di una scolarizzazione nell’anno in corso. Che cosa è capitato? Nei lunghi colloqui con i genitori ci è riuscito di togliere loro prima di tutto la paura che il loro bimbo sia disturbato. È uscito fuori che questa paura era sorta nella madre fin durante la gravidanza. Invece di trattare con Manuel accettandolo e linearmente, senza complicazioni, i rapporti furono -malgrado tutto l’amore- improntati dal sentimento di colpa e di paura, rapporti che presto consistettero solo di “giochini tattici”. Inoltre i genitori bisticciavano continuamente a causa del bambino. Col nostro aiuto ora hanno imparato a sostenersi reciprocamente nello sforzo di comprenderlo sempre meglio e prima di tutto di percepire meglio i suoi lati degni di ammirazione. Presto fu chiaramente davanti ai nostri occhi che era un bambino sensibile e rispecchiava involontariamente le opinioni che si hanno su di lui. Parlammo molto dei cosiddetti bambini difficili e del privilegio dei genitori che da simili bambini sono stati scelti (!). E facemmo un patto di non farci più dire da nessuno che Manuel aveva una “macchia”.
Per fortuna anche la maestra d’asilo fu molto collaborativa ed aderì al patto. Da questi sforzi comuni si formò a poco a poco un’immagine essenziale del bambino, sempre più chiara ed vivente e tutti i partecipanti notarono che nel trattare con Manuel si stabiliva una migliore sensibilità. E prima di tutto ci riuscì di vincere il sentimento di paura e di colpa e di annullare l’atmosfera di rimprovero reciproco. Questa purificazione del clima insieme alla modificazione dello sguardo fu almeno metà della terapia. Il resto lo ottenemmo con un’ora di terapia del gioco (controllo dei conflitti in un gioco scenico) alla settimana ed un’ora di pittura pedagogica- e qui voglio sottolineare che in questo caso intendo con terapia non il trattamento di un malato bensì un accompagnamento curante che include l’ambiente generale.
A Manuel andò molto bene, i genitori ebbero stimoli pratici per agire a casa come co-terapeuti (applicazioni e esercizi per una cura dei sensi basale; direttive generale di igiene di vita). Manuel è tuttora un piccolo selvaggio del tipo Michel da Lönnemberga ma non è più aggressivo; a scuola va molto bene perché, anche se spesso non è molto concentrato, è capace di un enorme entusiasmo ed è pieno di fantasia il che, ultimo caso fortunato, si è imposto alla maggior parte degli insegnanti e li ha disposti favorevolmente anche di fronte al fatto che il piccolo uragano ha spesso una quantità di sciocchezze entro il capo. Quando arrivò da noi Manuel era, secondo la diagnostica attuale, un vero caso di bambino ADS – uno dei casi che in altro luogo sarebbe stato posto sotto trattamento con Ritalin.